Adattamento cinematografico dell'omonimo memoriale della scrittrice danese Karen Blixen, o per meglio dire della biografia di quest'ultima. Adattamento capolavoro vorrei aggiungere, poiché ripropone efficacemente i contenuti della biografia della Blixen riuscendo a ricreare l'atmosfera irreale e magica del memoriale, in un connubio romantico (nel più ampio senso del termine) e realistico.
Karen Dinesen e il barone Bror von Blixen si sposano di comune accordo per motivi di convenienza reciproca, supportati da una consolidata amicizia, e decidono di cercare fortuna in Kenya. Karen si getta anima e corpo nella sua relazione con Bror e nella loro nuova vita comune in Africa, che però lui boicotta per inseguire la propria libertà e le proprie passioni. A questo punto entra in scena Denys Finch Hatton (Robert Redford), cacciatore inglese con una passione autentica per l'Africa e per la propria libertà, che ricambia Karen e con cui instaura una relazione. Sarà Bror a chiedere il divorzio per risposarsi, mentre Karen resterà sola con il suo amore per la sua infruttuosa piantagione di caffè, ma soprattutto per i "suoi kikuyu", gli indigeni che lavorano nelle sue terre e che diventano l'altra sua ragione di vita insieme a Denys. Denys perirà in un incidente aereo (era l'epoca dei primi voli), mentre la fattoria in Africa brucerà in un incendio. Karen farà ritorno in Danimarca dopo essersi congedata dai kikuyu e avendo provveduto a trovare loro una sistemazione per il futuro.
Oltre alla tematica sentimentale (il possesso, il tradimento, la gelosia, la libertà individuale, il sacrificio), il film mette in luce la posizione della Blixen rispetto alla popolazione keniota all'epoca delle guerre coloniali, quando i neri erano considerati spesso e volentieri esseri inferiori agli occidentali. Il personaggio della Blixen è a tutto tondo, una protagonista femminile incisiva, volitiva, con la tenacia di dar consistenza alle ragioni dei suoi difetti e il coraggio anticonformista della vera Karen. Streep ottima, ma Redford persino migliore, con una recitazione sottotono che mantiene intatti il mistero e l'aura del lord dall'animo stregato dai Masai e dalla vita dell'Africa più selvatica. Ma anche Malick Bowens merita una menzione per la dignità che sa conferire al personggio del maggiordomo Farah.
Il film, che uscì nel 1985, è il classico polpettone iper-romantico, ma digeribile in quanto raffinato, con una fotografia spettacolare, una colonna sonora da sogno, una sceneggiatura di spessore e interpreti di gran valore. Per chi ama subire il fascino delle storie vere e non ha paura di un po' di mal d'Africa.
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