Ci sono pugili che combattono a livello professionistico anche fino a 50 anni. Questo può al limite dare un filo di credibilità al sesto e speriamo ultimo episodio della lunghissima saga di Rocky Balboa. Il sesto episodio nasce per motivi certamente commerciali e pubblicizza soprattutto un attore che non riceve ingaggi da diversi anni (ultima piccola parte in Spy Kids nel 2003). Un uomo che abituato a certi livelli di fama, non sa rinunciare alla sua presenza su manifesti o al rincorrersi di notizie a livello mondiale sul proprio conto. Impugnata prima la penna e poi la telecamera, si è occupato del nuovo episodio del pugile di Philadelphia a 360°. Ritroviamo Rocky dove l'avevamo lasciato. Appunto: dove l'avevamo lasciato? Il quinto episodio era talmente passato in sordina che nessuno pensava più da anni a questo personaggio (se non nelle riproposizioni sporadiche delle reti degli episodi storici anni '70 ed '80). Comunque adesso Rocky è un corpulento ex-pugile che si è dato alla ristorazione. La sua amata Adriana è morta e lui ha aperto un ristorantino di discreto lusso nella città da dove era partito, costellando le pareti del locale con le foto di Thalia Shire. La mattina si sveglia alle cinque e nutre le bestiole, apparentemente come un anziano solo e triste. Poi però va al mercato rionale e fa scorte di cibo per il suo ristorante. Poi c'è suo figlio, interpretato da Milo Ventimiglia, che è uno stronzetto con la puzza sotto il naso che gli rinfaccia continuamente di vivere alla sua ombra. Poi c'è l'alcolizzato Paulie, fratello della defunta moglie, che rimane disoccupato e come al solito vien preso dal buon Rocky sotto la sua ala protettiva (non solo, a questo punto come personaggio, ma anche come attore, visto che Burt Young ha ormai messo piede in tutti i 6 episodi). C'è che Rocky visita la sua mogliettina al cimitero e le porta dei fiori, probabilmente tutti i giorni. Ad un tratto il manager del campione del mondo, un ragazzetto di colore di Las Vegas (con la faccia decisamente troppo buona e bella), lo contatta per una improbabile esibizione. Il progetto prende vita dopo che in un programma televisivo il computer ha messo a confronto in una simulazione i due campioni ed ha accreditato la possibile vittoria a Rocky. "Chi è il più grande di tutti i tempi?" Ovviamente anche il nostro eroe si sente ridicolo inizialmente e non ha la minima intenzione di farsi massacrare, ben sapendo che la sua inattività e la sua età lo hanno reso lento e sostanzialmente incapace di sostenere un incontro così impegnativo. Saranno degli esami medici a stabilire che il pugile non è poi così inadatto al match, ed a quel punto il campione di Philadelphia deciderà di allenarsi per affronatre l'incontro. Lavorerà sulla potenza. Rocky ha ancora qualcosa da dimostrare, e Stallone ha la necessità di autocelebrare se stesso, la sua fisicità ed il suo alter-ego. L'allenamento non è certo entusiasmante come quelli storici con Apollo Creed nel terzo episodio o quelli tra le nevi russe nel quarto. L'incontro è abbastanza credibile. La colonna sonora è un reprise dei vecchi episodi musicali dei primi episodi. Le ambientazioni sono le classiche, fumose e periferiche strade di Philadelphia.
Un film utile solo per l'immagine e il "cassetto": appello disperato ai fans sfegatati che non si perderebbero mai le gesta di Rocky, anche se malconcio, ma sempre con animo nobile e combattivo.
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