Quarto capitolo della saga che vede come protagonista il pugile Rocky Balboa, ormai arricchito e deciso a ritirarsi dopo la riconquista del titolo mondiale dei pesi massimi nell'episodio precedente. Arriva dalla Russia un giovane e muscolosissimo Ivan Drago (Dolph Lundgren) che accompagnato da uno staff agguerrito sfida i cosìdetti campioni americani sostenendo di essere assolutamente più forte e preparato. Raccoglie la sfida il caro e vecchio amico di Rocky, Apollo Creed, ormai ritiratosi dal pugilato professionistico da cinque anni e per questo un po' arrugginito. Il pugile afroamericano si convince di essere in forma, ma non ha fatto i conti con la potenza (dopata) del russo e l'incontro esibizione si conclude in tragedia dopo solo due round.

Rocky che aveva promesso a Creed di non gettare la spugna in nessun caso si vede ricoperto di rimorsi e dilaniante tristezza. E' allora che decide di vendicare l'amico sfidando il russo a Mosca. Per dimostrare di che pasta è fatto, il nostro eroe, si allena nelle desolate e ghiacciate terre russe, con mezzi rudimentali, mentre il russo, tra palestre ipertecnologiche e steroidi anabolizzanti porta la sua potenza ai massimi picchi distruttivi. L'incontro si svolgerà a Natale in un palazzo dello sport dove l'inneggiare alla madre Russia schiaccerà apparentemente la presunzione capitalistica americana.

Tra i fischi nemici Rocky combatte da vero leone e nonostante i colpi inferti dal megarusso, egli resiste e conquista la simpatia del tifoso medio presente che comincia a gridare il suo nome. Mentre il Drago si vede perdere consensi e non riesce a comprendere il motivo per cui Rocky resiste a migliaia di potenti colpi inferti, i politici nel pubblico si stizziscono. In una curiosa reazione di individualismo Drago sosterrà davanti al pubblico di casa di combattere per vincere, ma per se stesso.

Rocky, dopo tutti i 15 round lo atterrerà.

Ormai il pubblico sarà tutto dalla sua parte. Il discorso finale di Balboa è nella storia del cinema. I suoi occhi gonfi e sanguinanti e i vari traumi cranici procurati dal russo non gli impediranno di esprimere un concetto umanitario, e rivolgendosi a tutti sosterrà pace e fratellanza. "Quando sono arrivato qui, voi non mi piacevate, ed io non piacevo a voi. Poi però voi siete cambiati e io sono cambiato e se io posso cambiare e voi potete cambiare anche il mondo può cambiare". Lo speaker traduce e il pubblico adorante esplode, sotto gli occhi stupefatti di un finto Gorbaciov.

Il film, del 1985, diretto ed interpretato da Stallone, ha la pretesa di sottolineare una fase storica (in un momento terminale) della guerra fredda e sceglie come chiave di lettura lo sport. Il ring è metafora di esposizione di mercanzia umana. Nel caso dell'americano si inneggia al singolo. Il russo invece sostiene l'immagine di un'intera nazione.  Nell'esibizione di Creed il combattimento è preceduto da uno spettacolo impressionante di ostentazione della ricchezza e megalomania americana. Uno splendido ed energico James Brown canta l'inno moderno "Living In America" mentre Apollo balla inorgoglito. Il ring russo è freddo e la premessa è l'inno nazionale. Pretese forti e magari eccessive ed un filopoliticismo un po' strabordante.

Da ricordare la fotografia, lo splendido allenamento di Rocky nelle nevi e una colonna sonora davvero travolgente.  

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