È un peccato che tra i DeGeneri presenti su DeBaser manchi proprio la definizione "glam": ci sta che non è certo una etichetta che potrebbe abbinarsi perfettamente a uno "stile musicale", ma se dovessi descrivere in una sola parola questo disco, non mi verrebbe nessuna qualifica migliore. Perchè i T.Rex, precedentemente conosciuti come quei Tyrannosaurus Rex che così poca fortuna avevano riscosso nella fase "folk" del loro deus ex machina Marc Bolan, con questo album hanno a dir poco CREATO il glam.
Una età breve ma intensissima che, come si sa, invase l'austera Gran Bretagna dei primi anni '70 e marchiò a fuoco il costume e la scena musicale di quegli anni, portando in auge (erano gli anni del rock "universitario" delle band progressive e dell'hard rock serioso di Led Zeppelin, Deep Purple etc.) il gusto per la decadenza, l'edonismo sfrenato, la provocazione e l'ambiguità sessuale, il disimpegno sfrontato e l'interesse accentuato verso l'eccesso, la stravaganza, i "lustrini" e le "paillettes".

Tanto (e non sempre benissimo) si è scritto su quegli anni, diverse volte ci sono stati momenti in cui si è provato a lanciare qualche "revival" di scarso successo: sicuramente la leggerezza nei contenuti (anche se i Roxy Music e David Bowie, mattatori della scena, si riveleranno artisti di ben altra portata) e la cinica frenesia con cui i "miti popolari" vengono creati e distrutti in un quarto d'ora (specialmente, è un dato storico, in Inghilterra) contribuirono alla fine di quell'epoca d'oro, che fungerà poi, qualche anno dopo, da base e da ispirazione sia per la prima ondata della discomusic newyorkese, e sia per certi aspetti anche per il punk che incendierà la "generazione" nel 1977.
Marc Bolan potrà soltanto avere il tempo di dare il benestare a questo passaggio di consegne: quello stesso anno infatti la sua vita, burrascosa e romanzata quasi da non sembrare vera, avrà termine a causa di un incidente automobilistico. Ma la sua "immortalità", Bolan se l'era già garantita da un pezzo.

A partire da questo disco, che confermò nella prima metà del 1971 quella che ormai stava diventando la "T.Rexmania", almeno in U.K., a forza di singoli accattivanti e sfrontati, che trasmutavano in un bubblegum stralunato, esoterico ed eccentrico, le tensioni sessuali e il ghigno sarcastico che in America erano diventati il marchio di fabbrica di un altro gruppo "storico", i New York Dolls. La musica dei T.Rex in un certo senso rappresenta per me quasi una sorta di "testimone familiare": mia madre viveva in Inghilterra nei primi anni '70, e devo a lei se ora vivo quel "movimento" quasi sulla stessa falsariga "nostalgica" che possiedono quelli che ne furono "attraversati" (per quanto in Italia pochi all'epoca sapevano cosa stava succedendo fino all'avvento di Ziggy Stardust: nel '71, al massimo si ascoltava "Aqualung" o "In The Court Of King Crimson"), e la mia personale ricerca su Bolan, questo misterioso folletto dandy elettroacustico e schizofrenico, mi lascia delle domande a cui ancora non riesco a rispondere.
Il rapporto di amore e odio con Bowie, i tanti lati oscuri e ambivalenti della sua personalità (evidenziati nei suoi testi più difficili da interpretare), il reale scopo del suo progetto artistico, percorso da tumultuosi cambi di line-up: tutti elementi che mantengono il fascino e il mistero di questo personaggio. Per quanto in questo disco Bolan si nomini un "guerriero elettrico", non c'è la vera "elettricità" dei futuri classici ("20th Century Boy", "Metal Guru" etc.) molto più robusti e magniloquenti, ma una perenne contrapposizione tra momenti intimisti e spirituali (il gospel di "Monolith", la sussurrata "Planet Queen", l'epica e amara "Girl" per non parlare del sublime, indolente fatalismo di "Life's A Gas"), ammiccamenti irresistibili al rock'n'roll anni '50 ("Jeepster", uno dei tanti hits), graffi bubblegum celanti un avvogente erotismo (la strafamosa "Bang A Gong", retta da uno dei riffs più copiati della storia del rock, e "The Motivator"). Su tutti i brani svetta (e merita un capitolo a parte) quella dolce, disperata, romantica ballata spaziale che è "Cosmic Dancer": spesso inserita nelle colonne sonore di molti film e, a mio parere, la più bella canzone d'amore (Bolan la definiva così, ma potrebbe anche non esserlo) che sia mai stata scritta. E' il brano in cui sembra che il "folletto" per un attimo abbia gettato la maschera, si sia tolto la tuba e i vestiti luccicanti, e abbia deciso di scoprire ai "comuni mortali" le pieghe nascoste della propria anima.
Ma non era tempo di piangere: la festa, che era iniziata con il tambureggiare di "Mambo Sun" (quasi un omaggio al periodo "acustico" di fine anni '60) finiva allo stesso modo, ma molto più sfrenato, con la selvaggia danza tribale di"Rip Off", scandita dalla voce isterica di Bolan che si appropria definitivamente del ruolo di cerimoniere del glam rock, accompagnato dall'incedere maestoso di una sezione fiati "grassa e roboante" che sarà ripresa da Bowie in diversi suoi "cavalli di battaglia" di quegli anni ("Rock'n'Roll Suicide", solo per citare un pezzo).

Un disco leggendario per una band (se è il caso di chiamarla "band") spesso giudicata "da singoli". I T.Rex di Marc Bolan arrivarono alle masse ma non con la stessa immediatezza e intensità che raggiunsero invece "quelli venuti dopo": il perchè di tanto ostracismo fuori dalla Gran Bretagna rimane un altro mistero. Forse il "Cerimoniere" era in fondo ancora puro e davvero "fuori dal mondo" per potere completamente scendere ai compromessi con la logica del mercato, il meccanismo dei divi da copertina, nati per vendere e fare vendere. Forse voleva soltanto divertirsi, e sognare. E divertire, e fare sognare. Perciò voi gente adesso procuratevi questo album, o scaricatevi qualcosa che 30 e passi anni fa questo folletto lasciò sul pianeta Terra: anche se il tempo è passato, siamo ancora invitati alla festa.

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