Durante l'annata 2012, quest'album dalla copertina piuttosto sgargiante, raffigurante una nebulosa dai mille colori in pieno spazio aperto, si aggiudicò la piazza centrale del mio podio personale. Il gruppo musicale londinese prende il nome da un evento avvenuto nel 1940, corrispondente al crollo del cosiddetto ponte di Tacoma Narrows (canale situato a Washington) a seguito di una bufera.
Il fenomeno venne anche filmato. Non è difficile infatti trovare il video dedicato all'accaduto su YouTube, dove in primo luogo si notano le oscillazioni surreali del ponte dovute al forte vento e, successivamente, il collasso del non impeccabile impianto.
Il genere di musica suonato dai Tacoma Narrows Bridge Disaster si presenta come un miscuglio tra progressive rock, alternative e post-metal, le cui influenze principali sono Tool e Isis. Non risultano tuttavia assenti assoli che rimandano all'heavy metal ottantiano.
"Exegesis" ha una natura prevalentemente strumentale e si divide in otto brani. A prendersi il compito di alzare il sipario sono i suoni rugginosi dell'opener "Fractal World", che equipaggiano l'ascoltatore per un'avventura all'interno di un tunnel iperspaziale, da cui si ergono imponenti la titanica title track, la stellare "Valis", l'aggressiva "Black Iron Prison", l'atmosferica "Sungazer" e l'onirica "Wake", che mette la parola fine al trip.
Le tematiche ricorrenti dell'album sono ispirate all' "Esegesi", una raccolta di documenti scritti ma mai pubblicati dall'autore Philip Kindred Dick circa le strane visioni che egli ebbe durante il 1974, riguardanti il suo essere cristiano e gli stati mentali di quel periodo. Il termine "Valis", da cui prende il titolo la quarta traccia presente all'interno del disco, viene descritto come una rete satellitare artificiale proveniente dalla stella Sirio, nota per essere la più luminosa nel bel mezzo della vastità del cielo notturno. "Black Iron Prison", ovvero "Prigione di ferro nero", riprende invece il concetto di un luogo senza tempo, privo di passato, presente o futuro.
Tralasciando comunque lo gnosticismo 'dickiano', l'umore su cui "Exegesis" ruota è decisamente malinconico. Si respira un clima cosmico e alquanto proficiente dal punto di vista tecnico strumentale, mai fine a se stesso.
Il brano più importante rimane tuttavia la traccia omonima, coi suoi dieci minuti abbondanti di longevità, che reputo un pò come un riassunto di quanto di meglio sia stato scritto nel progressive rock moderno: ottimi cambi di tempo, notevole performance vocale, riff di chitarra macchinosi, linee di basso sognanti, impeccabile lavoro di batteria, ecc... Ma soprattutto una motivante parte finale che spezza le sonorità tenebrose contenute nell'album intero.
Quindi, ripeto, ascoltate anche soltanto la title track se vi va.
Carico i commenti... con calma