1959, Stati Uniti d'America. E' un periodo in cui i vari generi musicali cominciano a mescolarsi, fuoriuscendo dai loro argini naturali e inondando altri territori.
Da queste contaminazioni derivano nuovi suoni che vanno impastandosi con quelli derivanti dalla tradizione: un esempio di quel che ho scritto è fornito dall'exotica.
Tak Shindo, californiano di origini nipponiche, insieme a Les Baxter e a Martin Denny, si propone come figura di spicco del movimento e Mganga! (il guaritore) è una perla nel suo genere, una lunga escursione attraverso le diverse scenografie che il nostro immaginario associa all'Africa Nera.
Un safari, più che un viaggio, nel corso del quale si è circondati dai rumori della foresta e della savana che vanno fondendosi con gli ariosi arrangiamenti orchestrali, con la cornucopia di percussioni di varia origine, con gli avvolgenti quanto misteriosi vocalizzi, provenienti da chissà dove.
L'incedere dell'album è rilassato e si procede quasi a dorso di cammello. Si incontrano strane tribù che ci trascinano all'interno dei loro riti, canti e danze eccitate dal suono dei bongos, stranamente intercalati da flauti orientali e cori celestiali di tutt'altra matrice.
Intanto la foresta digrada lentamente a macchia e poi a savana. Giusto in tempo per partecipare ad una danza di Watussi e terminare la nostra esplorazione a Trinkitat, nel Sudan dove si potrà guardare l'Oceano. Ma questo è un altro viaggio.
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