Ho pensato a lungo sull'opportunità o meno di scrivere questa rece. Ho immaginato i vostri commenti, fino a giungere alle estreme conseguenze dell'ip bannato e il nick cancellato a vita dal De-Database. Ma sti cazzi. Io penso che la musica debba prima di tutto emozionare e oggi sono qui non per parlarvi di un gruppo che ha rivoluzionato la storia della musica di tutti i tempi, ma di 5 persone che hanno portato una ventata di novità (o hanno generato 1 mostro a tante teste, a seconda delle opinioni) nel panorama internazionale.

Siamo agli inizi degli anni '90. Gli Oasis non hanno ancora pubblicato "What's the story", i Blur ancora non hanno pensato a "The Great Escape". Il britpop non è ancora ufficialmente nato, la scena UK è divisa tra vecchie glorie (George Michael, Elton John e i redivivi Queen), nostalgici di un tempo che fu (Clash, Sex Pistols e qualche residuato di Scarafaggi) e buone leve che si muovono nel torbido dell'"alternativo" (Pulp, Suede, Jamiroquai). Insomma, per gli abitanti del villaggio globale, un bel piattume.
Una bella mattina, un tizio di nome Nigel Martin-Smith ha un'idea sfolgorante: costruire una macchina mangiasoldi su scala mondiale sfruttando le innocenti coscienze delle ragazzine. Per farlo ha bisogno di vari fattori che combinati insieme diano vita a un prodotto credibile. Dopo tanti provini su e giù per il Regno Unito nascono i Take That.

Le origini del nome sono nebulose (ci fu chi parlò di un riferimento alla scandalosa Madonna dei tempi di "Sex"), i cinque componenti sembrano rappresentare perfettamente ogni sfaccettatura dei sogni delle adolescenti medie. C'è il singer-songwriter gorgheggiante e talentuoso, ma cicciottello e inizialmente sfigato (Gary Barlow), il cucciolone tenerone bel faccino (Mark Owen), lo scavezzacollo simpatica canaglia (Robbie Williams), il menestrello dallo sguardo smarrito di poche parole (Jason Orange) e il ballerino dal fisico scolpito (Howard Donald).
Poco più che cinque stereotipi, ma per qualche meccanismo misterioso dopo esordi non propriamente brillanti (l'esordio del 1992 "Take That and Party"è un tristissimo agglomerato di ritmi dance-pop buoni per le feste delle medie di Elio), la bomba a orologeria innescata da Martin-Smith (diabolico quant'altri mai) espolde letteralmente.

L'iniziale insuccesso viene affrontato cambiando look e sonorità, cercando di fare almeno una parvenza di musica ascoltabile invece di intortare le bimbe mostrando loro il pacco. 1993, "Everything Changes" irrompe nelle chart inglesi e si àncora al primo posto. La single-release spara proiettili che centrano il number one al primo colpo con malefica precisione, i ragazzi sono osannati come salvatori della patria e la tournee europea è martellante fino allo sfinimento ma (forse proprio a causa di questo) trionfale. Non c'è media che non parli di loro, non c'è ragazzina che non abbia un loro poster in camera, il merchandising invade tutto l'invadibile. Ormai è TT mania. Qui li ho scoperti io, quando dai banchi della scuola media mi struggevo per il ragazzino della classe di fronte che non mi degnava di uno sguardo e per consolarmene una volta a casa infilavo questo cd nel mio primo lettore e alzavo la levetta del volume a palletta.

Gli spunti sono carini: nella titletrack ad aprire si sente addirittura Robbie Williams poco più che ventenne alla seconda prova solista (la prima era stata "Could it be magic", contenuta nell'esordio sfigato), pezzo fresco, gioioso, danzereccio e canterino, con un testo paraculo ma accettabile. "Pray" resta una delle mie preferite: sorvolando sul testo banalotto, la musica è un'accoppiata di buon beat su armonie di archi che compongono una melodia sognante, proprio come una preghiera. Il video razzola premi nelle varie competitions, in effetti è uno dei loro migliori. "Relight my fire" (cover di un vecchio pezzo motown) rende meglio nei live, indimenticabile il quintetto agghindato da diavoli tentatori seminudi che si dimenano sudati e ammiccanti tra fiamme e giochi pirotecnici (il pacco c'entra sempre).
Un'altra numero 1 "Love ain't here anymore" (dolce ballad in Gary Barlow style) e nel finale, spazio a Mark Owen lead vocal in "Babe", insieme a "Back for good" pezzo portante del repertorio live in cui la storia del reduce che ritorna a casa dopo un tempo imprecisato di assenza e ci trova un figlio a sua immagine e somiglianza è evocata dalla flebile vocina del cucciolo di Oldham ad uso e consumo di un video minimovie molto carino e di stuoli di fan che immancabilmente si scioglievano in lacrime alla fine di questo pezzo.

Ma i 5 re del pop sono destinati a un breve regno....le ragazze si sa, crescono e sono volubili e così, dopo aver smarrito un pezzo importante come Williams (istrionico e trascinatore, nonchè anima trasgressiva di un ensemble troppo puritano per essere verosimile), il 13 febbraio del '96 (guardacaso giorno del compleanno di Robbie) danno le dimissioni dal mondo della musica; congedandosi, con le parole di Howard, "mentre si è ancora in vetta" la band lascia milioni di vedovelle piangenti in tutto il mondo, conclude un tour promozionando l'immancabile greatest hits finale e dà l'addio. Cala il sipario sui papà del boyband trend, bruciati nel frattempo più che dalla deflagrazione del britpop, dalla saturazione di un mercato che li aveva visti incontrastati dominatori per quasi un quinquennio.
Le carriere soliste non raggiungono le aspettative, il fuggiasco Rob si prende ancora oggi giorno per giorno una rivincita immane sugli ex che arrancano alla riconquista del pubblico di ex teen continuando a sfornare antologie trite e ritrite e pubblicizzando un reunion tour sold out in pochi minuti. E in tutto questo...una ex piccola fan che sognava di incontrarli e conoscerli resta a guardare con distacco questo fenomeno che vuole ritornare in auge gustandosi il retrogusto dolceamaro dei ricordi e del tempo che passa...adesso, per me, i TT sono questo: mi ricordano che non ho più 14 anni, non vado più alle medie, sono cresciuta con gli annessi e i connessi. Ma a volte penso ancora che mi piacerebbe tornare bambina, con i loro poster come carta da parati dal battiscopa al soffitto, uno scatolone pieno di ritagli di giornali e in testa tante di quelle belle favole...

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