Com’è commovente autocelebrarsi quando si incappa in un’ottima band. E’ questo il caso dei Takka Takka.
Se qualcuno volesse sentire con le proprie appendici auricolari quanto sia difficile di questi tempi creare un disco d’impronta rock, lento e misurato, profondo e minimale, si accomodi, la piazza non offre di meglio.
Le atmosfere dream di questo “Migration” sono finemente articolate, tutti gli elementi sono al posto giusto. Tuttavia è un sogno apparente, ha contorni reali e pone le sue basi sulla concretezza, non sull’inafferrabilità.
Si parte con l’enigma musicale di “Monkey Forest Road”, targato Animal Collective. La splendida ninna nanna rock di “Silence” è forse l’emblema della formula della band: sviluppata su un impianto minimale, basso funkeggiante, qualche morbido tappeto synth e il cantato lievemente trascinato, con versi che si ripetono, conferendo un’aura ballabile alla composizione. “The Takers”, più concitata, conserva la medesima delicatezza con un finale da brividi.
“Everybody Say” è una gemma dalla fragile ossatura rock, fatta d’incastri celestiali di chitarre, percussioni tantriche e synth vellutati. Con questo pezzo, i Takka Takka sembrano aver trovato il punto d’incontro tra musica elettronica e acustica.
“Homebreaker” è una coltre misteriosa avvolta da un folk in cui fluttuano synth apatici e le voci inespressive recitano una litania che rimanda ai Doors; d’improvviso tutto s’interrompe per lasciare posto ad un funky-trance in cui le voci virano al dark dei primi Interpol. “Fall Down Where You Stand” è all’insegna di un pop gitano, simile a quello dei R.E.M. “Lion in The Waves” è un lamento solitario che si perde nei suoi echi lo-fi mentre la successiva “One Foot in a Well” ci ammalia con chitarre pulite e il candore delle voci.
Gli ultimi due pezzi ci propongono il pop più romantico e tranquillo del disco: “Change, No Change”, che ricorda gli Snow Patrol col suo girare su se stessa ed infine “You And Universe”, un capolavoro in cui s’affacciano inizialmente i (primi) Counting Crows più intimi, per lasciare che una chitarra stampo Wilco laceri il finale e il nostro cuore.
Uscito negli Stati Uniti nel 2008, è stato ristampato nel 2010 per il mercato europeo, segno tangibile della qualità e della personalità del disco nel tempo.
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