Come far muovere il culo alla nevrosi bianca, doveva esser questa l'idea.
E, per farlo, quattro giovanotti molto scuola d'arte bussarono al laboratorio dell'alchimista affinchè li aiutasse ad allestire un soundtrack da cartoon movie psichico e danzereccio.
“Cartoon movie psichico e danzereccio” è una definizione abbastanza del cazzo, lo so, ma al momento mi vien questa.
In ogni caso ( e tenete a mente la parola caso) l’alchimista sembrava proprio il tipo adatto alla bisogna, visto che, come Merlino, era uno capace di infilare tutta la propria casa in una valigia. E la casa di un alchimista, come certo immaginerete, è piena di strumenti assai utili per affrontare le terre inesplorate.
Tra tutte le cose messe in valigia quella che si rivelò essere la più utile di tutte fu un mazzo di carte...
Un mazzo di carte da cui pescare a caso.
Perchè poi la più utile di tutte?
Perché come diceva l’alchimista. “Cosa fa al nostro caso se non, quando è il caso, pescare a caso?” Formula clamorosamente eloquente, ne converrete. Sia rispetto al caso, sia rispetto a se e quando è il caso,
Che poi, confesso, sta cosa delle carte la sto esagerando...E’ che quelle carte mi hanno sempre fatto strippare...peschi a caso e ti arrivano sentenze tipo: “onora il tuo errore come un’intenzione nascosta” oppure “scopri le tue formule e abbandonale”...troppo figo...
Anche se, lo ammetto, “troppo figo” non è tutta questa gran analisi.
Che poi, carte o non carte, in valigia c’era un sacco di altra roba, senza contare che anche le teste parlanti avevano un discreto bagaglio a mano (musica nera, esperienze artistoidi e idee stravaganti).
E comunque il punto era che “il rock doveva smetterla di essere una versione sciatta dei Rolling Stones”, ovvero sempre la solita vecchia storia. Tanto che si poteva andare in tour coi Ramones e leggere tomi scientifici mentre quei buzzurri si facevano di ogni.
Sempiterna gloria ai Ramones, sia chiaro, ma immagino che sarebbe stato divertente stare nella stessa corrierina coi due gruppi. Coi Ramones che dicevano, "ma questi che fanno, leggono?"
Ah sembra impossibile, ma i due gruppi son stati davvero in tour insieme. Come il più straordinario dei binomi fantastici.
Che i nostri erano una cosa tipo niente pathos, niente romanticismo, niente divisa d'ordinanza, niente amore nelle canzoni. E, ovviamente, niente assoli di chitarra. Si trattava solo di usare la razionalità e il caso per documentare la follia, magari parlando di cibo e palazzi..
E poi, certo, ritmo e ritmo e ritmo ancora, anche se David Byrne, il cantante, era rigido come un palo e si muoveva a scatti, il corpo sorpreso in diretta dalla sua stessa alienazione..
Tutto favoloso, anche se l’mpressione di noi giovanotti d'allora era quella che ci stessero prendendo clamorosamente per il culo e non soltanto per il fatto che noi si era strenui odiatori di ogni cosa anche solo minimamente danzereccia . Che oltre a questo noi avvertivamo come un'incongruità e come un senso di parodia,
Oh si, si...incongruità e parodia...
Lo stesso effetto che ci aveva fatto quell’album dell’alchimista, quello che aveva a che fare con la strategia per catturare la tigre. Oddio non proprio lo stesso visto che qui c’era di mezzo qualcosa che assomigliava pericolosamente alla disco music.
E tutto era così accellerato...tutto andava così di corsa.
Senza contare che poi quel ritmo non era mica quello delle canzoni black, o meglio lo era ma in un contesto in cui finiva per sembrare altro, ovvero qualcosa di innaturale.
Di nuovo l’alienazione quindi...
Alienato il canto, alienato il corpo...e alienati i suoni.
Che, travolto da una lucida e acuminata intelligenza e dal piglio avantgarde, il ritmo non era che nevrosi.
Ah, non è strano che il disco risultasse allora come uno shock culturale.
C'è voluto un po' di tempo, ma poi l'abbiamo apprezzato e, ad oggi, è ancora uno dei dischi più godibili di sempre. Ed è fantastico che un disco sull’alienazione sia anche un disco godibile
Certo, permane, nonostante il passare del tempo, quella sottile linea di incongruità, che è un po’ il ricordo del giorno in cui incontrammo la stranezza in musica e un po’ ancora lo stesso effetto di allora, con l’assurdo però diventato un valore aggiunto.
Se devo pensare a una canzone penso a “Thank you for sending me an angel”, che è davvero un’intro da paura. Stringata e scheletrica, accompagna quasi di corsa il canto isterico di David Byrne, concedendosi solo alcune brevissime pause che son poi buffi e alieni intermezzi ritmici
Che poi intermezzi ritmici si fa per dire, visto che il disco è, come abbiamo già detto, solo ritmo...ritmo, ritmo e ancora ritmo.
Senza contare che “Thank you...” è poi, caso unico del disco, quasi un furioso rock’n’roll.
Poi quando di colpo finisce, il brano due parte con una specie di assurda marcetta, e forse anche il brano tre parte come una specie di assurda marcetta. Che forse più che ballare ci sarebbe da camminare in cerchio come pazzi..
Gli altri brani son più o meno sulla stessa falsariga e si assomigliano tutti, nonostante le mille sfumature di un milioni di suoni, o forse di un milione di ritmi, o micro ritmi, impercettibilmente diversi (l'alchimista era in forma in quei giorni).
Sono insomma pezzi usciti dalla stessa catena di montaggio e catena di montaggio significa alienazione.
E si, lo ribadiamo, in questa musica, per quanto buffa e irresistibile essa sia, l'alienazione si sente, si sente eccome.
Poi magari possiam dire che, spesso, le sonorità hanno, soprattutto in assenza di canto, l’aria di provenire da avveniristiche macchine giocose...
Pensate, per capirci, a una fabbrica trasformata in un luna park.
L’effetto è talmente portentoso che si vorrebbe che quei venti secondi senza la voce di Byrne diventassero un minuto, due minuti, tre, quattro.
Ah, quante volte questo disco me lo sono immaginato solo strumentale con tanti Umpa Lumpa che ballavano e lavoravano felici!!!
Chi sono gli Umpa Lumpa? Ma come?
Gli Umpa Lumpa sono i piccoli operai iperritmici e canterini al soldo di Willy Wonka, il folle cioccolatiere che trasformava in dolciumi i più arditi concetti psichedelici.
Gli Umpa Lumpa sono quanto di più simile vi sia a una specie di operaismo sognante.
E quindi forse, aldilà dell’alienazione avvertita, quella musica non era (e non è) che la colonna sonora di uno sballatissimo sol dell’avvenire dove ancora attecchivano (e attecchiscono) due delle idee fisse del primo Byrne, ovvero teoria aziendale e maoismo,
Una sorta di intruppamento consapevole e gioioso.
Ma finirei con Merlino/Brian. Anzi con il Merlino vero...
Oh, come mi piacerebbe che il Merlino vero mi facesse visita e studiasse per me un programma pedagogico simile a quello che ne “La spada nella roccia” porta Semola a diventare Re Artù!!!.
Ricordate quando Semola viene trasformato in pesciolino o in scoiattolo?
Ecco io vorrei trasformarmi in un piccolo Umpa Lumpa e lavorare, ballando e canticchiando le canzoni di “More songs about buildings and food”, nella fabbrica di cioccolato.
Anche perché sarebbe l’unico modo possibile per diventare maoista, anche se un maoista versione Dahl/Burton/Byrne...un vero figo quindi...
Trallallà...
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