Come il precedente "Little Creatures" pubblicato nel 1985, "True Stories" continua l'esplorazione del rock americano in tutte le sue forme (country compreso) di Byrne e compagni, tutto riletto però nella tipica chiave nevrotica dei primi album del gruppo. Il disco fa parte del progetto "True Stories", il film di leggende metropolitane di Byrne, ma non è la sua colonna sonora, anche se tutte le canzoni si impostano sulle vicende del lungometraggio.

L'apertura di "Love For Sale" è qualcosa di unico, colpi secchi di batteria di Frantz supportati da chitarre e basso sopraffini rendono il canto nervoso del cantante ancora più coinvolgente, così come "Puzzle Evidence", grande prova corale per un pezzo molto ritmato, caratterizzato da organo tipicamente '60. La successiva "Hey Now" si inserisce fra le sperimentazioni del gruppo, in cui cori che ricordano le fasi creative precedenti si fondono con una ritmica tipica del sud degli USA, con un buon risultato finale. "Papa Legba" anticipa i temi sud americani che esploderanno con "Naked", mentre "Wild Wild Life" è un'altra bella canzone, cantata in modo perfetto da Byrne, la ritmica è di nuovo sostenuta con un coro nel ritornello molto accattivante, bellissimo il video in cui il gruppo insieme agli attori del film esegue la canzone in un Karaoke dell'estrema periferia americana.

"Radio Head" non si allontana dai toni generali dell'album, veramente bella la ballata "Dream Operator", in cui una suggestiva introduzione strumentale molto regolare e priva dei soliti isterismi fa da incipit alla spledida voce di David Byrne, ottimi i controcanti di Martina Weymouth. L'ultima ballata, "City Of Dreams", è molto lontana dai tipici Talking Heads, tutto suona estraneo voci Synth, piano, ma il risultato è molto riuscito e nell'insieme chiude un album non fondamentale nel cammino del gruppo, ormai prossimo alla chiusura dell'attività per l'esplodere delle continue tensioni interne, che vedono un Byrne credersi, ingiustamente, vera mente del gruppo.

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