Che io mi fossi infighettito era chiaro già dal 2015.

Cinque anni fa evidentemente avevano già operato il loro effetto d'imborghesimento/smussamento degli spigoli/rincoglionimento tutti quei panini con la sopressa veneta e la cipollina agrodolce (o, sotto stagione, il radicchio sott'olio) fatti sparire giù per il gargarozzo lubrificato da dosi abbondanti di prosecco, o in alternativa, tocai friulano ad aperitivi tra coetanei in cui gli argomenti principali consistevano prettamente in consulenti fiscali/mercato immobiliare/manutenzione del veicolo. Contemporaneamente, un bonus aggiuntivo al rimbambimento dev'essere anche stato dovuto ad un abuso di droghe leggere, in particolare hascìsc-fumetto che, cresciuto sotto il sole dei monti dell'Atlante, aveva attraversato il Mare Nostrum in oscuri orifizi prima di sbucare sotto il bel sole d'Italia e di lì penetrare nei miei polmoni, molto meno esigenti del mio stomaco, indi uscirsene infin a riveder le stelle.

La conseguenza di tutto ciò fu che nel 2015 mi piacque Currents dei Tame Impala. Certo, non mi piacque come gli album precedenti, quei due confettini di pop psichedelico facile facile ma tanto efficace che ci accompagnarono nei momenti scazzo durante i primi anni dell'università. Currents invece cedeva alla tentazione di confezionare un album di pseudo-soft-yacht-rock che in realtà consiste sostanziamente in una cinquantina di minuti di musica da chill-out in discoteca, quando la gente fa ancora aperitivo con spritz all'Hugo e Midori prima che il DJ arrogante esca le casse da cui usciranno sei ore fisse di four-on-the-floor arrogante interrotto solo da momenti di silenzio rotti da una voce di Stentore che porrà l'eterno quesito "Siete prooon" o darà l'ordine "alzate le maniii" ottenendo solo vocali scomposte dalla folla come responso.

Una cafonata, insomma. Però almeno c'erano le canzoni.

Ora, sarà l'effetto di uno stile di vita più sano o sarà il grigio che ormai adorna le mie tempie corvine, ma oggi al me stesso del 2020 sembra che su The Slow Rush non ci siano nemmeno le canzoni. 57 minuti primi e 15 secondi di pacatezza, di suoni carezzevoli creati da mani di abile mestiere e sicura scienza che non possono dare dispiacere.

Però resta musica da ascensore.

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