“Le patate sono denaro per noi. Euro, dollari, lari georgiani: le patate sono tutto”.
Il mercante (sovdagari), è un documentario disponibile su Netflix diretto dal regista georgiano Tamta Gabrichidze, uno spaccato della vita di Gela Kolochovi, mercante di Tblisi che dalla capitale si reca nelle campagne georgiane, attraversa i villaggi per offrire la sua merce agli abitanti di quelle zone.
In cambio non chiede soldi, lì di lari ne girano ben pochi data la miseria, ma patate. Abiti, utensili, scarpe, stivali, giocattoli si vendono a suon di chili di patate, l’unica vera fonte di ricchezza (se così possiamo chiamarla) di quella gente.
Il mediometraggio (dalla durata di circa 20 minuti) non rappresenta la banale favola della decrescita felice, dell’apprezzare ciò che si ha o di rinunciare ai propri beni materiali per apprezzare il senso della vita. Più semplicemente, Tamta Gabrichidze, attraverso il mestiere di Gela, vuole denunciare la terribile condizione di povertà in cui versano tanti suoi connazionali, quelli che vivono reclusi nei propri sobborghi lontani fisicamente ed economicamente dalla capitale.
“Il mio sogno quand’ero bambino era di ricevere un’istruzione. Volevo laurearmi all’università, ma non ho potuto perché non ho mai avuto l’opportunità”.
Sono le parole di un vecchio abitante del villaggio, intervistato dal regista. Legittime aspirazioni, addirittura scontate per gran parte di noi che viviamo nel benestante mondo occidentale, ma che diventa un’utopia per uno destinato a passare il resto della sua vita tra le coltivazioni di patate.
“E qual è il suo sogno ora? Il mio sogno? Solo di avere un buon raccolto. Di avere un buon lavoro, un raccolto e di non starmene con le mani in mano a casa”.
Questo documentario ci insegna che, molto più semplicemente, la povertà è una gabbia, un ergastolo bianco per il quale è quasi impossibile ottenere la grazia. Un carcere nel quale si entra da bambini, la cui vita scorre cupa come il clima bigio ed invernale rappresentato dalla pellicola, per i quali anche la semplice vista di una spugnetta colorata, di un quaderno o di una borsa da donna diventa motivo di stupore, desiderio di gioco. Bambini che alla domanda "cosa vuoi fare da grande", non riescono a trovare risposta perché probabilmente non riescono ad immaginarsi una vita diversa e che da vecchi saranno costreteti ad elemosinare una grattugia perché hai un solo lari e non hai i cinque chili di patate richiesti per potertela permettere.
Il regista Tamta Gabrichidze è georgiano e ha voluto mostrarci parte del suo paese, ma possiamo veramente credere che ciò accada solo in Georgia? Più verosimilmente, queste storie sono molto più frequenti, molto più vicine a noi di quanto possiamo credere. Le ingiustizie sociali, la suddivisione della popolazione in classi - se non in vere proprie caste, ma nell’accezione della cultura indiana, senza scomodare i politici moderni - crea situazioni di vita dalle quali è difficile uscire, per cui il figlio del coltivatore di patate sarà coltivatore di patate, il figlio del disoccupato di periferia dovrà sudare per ottenere il proprio riscatto e così via.
Alla fine della giornata, Gela il mercante fa ritorno nella sua Tblisi per vendere le patate, ricavarne il guadagno necessario per sé e per ricomperare altre merci da offrire nuovamente ai villaggi della Georgia. La furbizia e l’ingegno del commerciante, che ha trovato la sua fonte di sostentamento nelle patate.
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