Che fare ora?
Se il fluttuante scirocco di “Electronic Meditation” aveva già gonfiato le vele dello spirito accompagnandolo fino agli scintillanti golfi di “Alpha Centauri”, se il nero scoglio di “Zeit” aveva già infranto il successivo viaggio del nostro misero catamarano arenandolo in secche di disumana angoscia…
Che fare ora?
Rimane una sola cosa: salpare verso l’unico abisso necessario, noi stessi.
Fanfare trionfanti; tripudio di mellotron, percussioni e pluviali synth che fondono il metallo delle apparenze lasciandoci soli con il cielo stellato dell’inconscio.
Gelide costellazioni raffiguranti miserie nascoste, saremo sempre troppo umani di quanto non vorremmo essere.
Futuro, Passato e Presente.
Sintetizzatori inquieti che predicono le ombre che saranno, neri cristalli dove si specchiano le piccole galassie delle nostre età che furono, lento fluire di sonde gettate nell’orbita del nostro quotidiano che ci mostrano come Narciso non può far altro che piangere fissando la sua immagine riflessa.
Ascesa e discesa.
Artificiali derive su opachi fiumi cosmici, urla campionate di maestosi uccelli marziani, lontane spiagge plutoniane dove risuona lo scrocchiare convulso delle corazze di crostacei sintetizzati, anelli di Saturno su cui inseguiamo una vuota insegna per l’eternità.
Antinferno stridente eppure ordinato. Gemme purissime gocciolano dalla volta di caverne lunari, buchi neri a basse modulazioni dove palpita l’eco cupa di una passione trattenuta a stento. Cuore stridente eppure ordinato.
Infine urla, grida e grugniti di feti spaziali che popolano le spelonche dei nostri pensieri e che nasceranno e moriranno mille e mille volte; un eterno compiersi, un eterno ritorno.
Che fare, che fare ora?
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