Il titolo dell'album promette bene: nell'evocare un pianeta, anzi, il pianeta rosso (e infatti si ispira alla missione Mars Polar Lander della Nasa). I titoli dei singoli brani promettono altrettanto bene poiché si riferiscono tutti allo spazio cosmico ("Deep Space Cruiser", "Spiral Star Date", ecc.) come usava una volta. Quanto all'immagine di copertina, be', sembra di essere tornati ai tempi di "Zeit".
Invece "Mars Polaris", uscito nel 1999, mantiene meno di quanto prometta: è un buon disco dei Tangerine Dream formato anni '90, ma di cosmico ha davvero poco o nulla. L'operazione di restyling riguarda più l'aspetto esteriore che i contenuti musicali, e grattata via la sottile polvere rossa del pianeta sbattuto in prima pagina, ciò che resta è una musica di buona fattura ma non proprio di grande suggestione.
Secolo e decennio si concludono per i Tangerine Dream con questo album articolato in dieci tracce per 70 minuti di durata. Non male, visto che la band, dopo tante vicende, è ridotta al lumicino a livello di formazione e consta di Edgar Froese, il fondatore, accompagnato dal figlio Jerome.
Il format sonoro è quello tipico degli anni '90 per questo gruppo: nessuna sperimentazione, temi melodici di facile presa sostenuti da percussioni elettroniche in abbondanza, grande vivacità ma al tempo stesso un fastidioso anonimato che striscia lungo le tracce. Questi Tangerine Dream si confondono nella poltiglia electronica che ha invaso quegli anni, dimenticando la dirompente originalità dei loro esordi e delle prove maggiori (quando nessuno era come loro).
Detto questo, "Mars Polaris" non è affatto un brutto disco: presenta sonorità nette, anche se in parte sentite qua e là nell'elettronica di quel periodo. I brani in scaletta sono ben costruiti, per quanto forse più confacenti a una band di chill out che agli ex corrieri cosmici di un tempo. Dunque questa musica potrebbe essere di molto apprezzata da un neofita del gruppo, mentre dai fan storici è opportuno venga considerata con un po' di benevolenza.
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