Venerdì, vagando fra le libere recensioni di DeBaser, mi sono imbattuto nell'elettro-cosmo del sogno tangerino. Ma mancava la recensione di uno fra i tanti capolavori del complesso tedesco, che a me piace tanto: "Rubycon". Cosi ho deciso di scriverla.

Frutto delle visionarie sperimentazioni cosmiche del leader del gruppo, Edgar Froese, quest'album, composto da due suite ambedue di 17 minuti circa, è il consolidamento artistico e tecnico dell'equipaggio spaziale dei Tangerine. Ora non dico che sia il capolavoro assoluto del gruppo, perchè i lavori precedenti (per citarne tre sue due piedi dico "Alpha Centauri", "Zeit" e "Phaedra") sono superiori (a seconda dei punti di vista però) ma "Rubycon" segnò, a metà anni '70, la diffusione e la divulgazione di questo piccolo movimento musicale, la Kosmische Musik, che era prima rimasta chiusa nella selva nera germanica, e la portò non solo in tutta Europa, ma anche oltre Oceano. Dal grande passo della musica elettronica si è giunti al synth pop e alla new wave degli ottanta, poi all'ambient e alla techno dei novanta.

Oggi, quello che hanno fatto nel 1975 i Tangerine Dream con tanto impegno e tanta dedizione nella ricerca di nuovi ostacoli sonori, si fa in scioltezza con l'uso di due o tre programmini su un computer qualsiasi. Ma immaginate di trovarvi nelle lande della Germania del 1975 e di ascoltare le tecno-fiabe di questi musicisti tedeschi tutti "crauti e patate".

Aprono il sipario degli agghiacianti e monodici suoni di moog e qualche nota sibilante di mellotron. Un sogno a occhi aperti. Immagini la natura e i suoi paesaggi, rumori, suoni, acqua, uccelli. Vedi il cielo, vedi le stelle, vedi le galassie, vedi il cosmo. E' una melodia rilassante e suggestiva; degli imponenti echi di voci dall'inconscio che si dilatano e lasciano spazio ad un suono da abisso, dal profondo della terra. L'utopia si fa da parte e lascia spazio alla techno elaborata. Ti senti chiuso in un tunnel senza fine. Il ritmo diventa sempre più inquietante e più veloce, diventa ossessivo ma la sorte lo fa dissolvere e lo risucchia via. E' il sogno tangerino.

La seconda traccia si apre con il fischiare del vento. Un incubo. Immaginate una casa in cima ad una collina, finestre aperte, vento che soffia, tende svolazzanti, qualcuno che urla. Sembrano le melodie thriller di Lygeti in "Shining". Un canto maledetto e sferzante, sembra l'avvento dei demoni, l'apocalisse. Interviene ancora la techno a placare la maledizione. Suoni extra-sensoriali si avvertono sotto le tastiere. Strani fruscii e sibili psichedelici. La polifonia delle tastiere di Chris Franke, che in "Rubycon" svolge un lavoro sublime a dir poco, concludono questo contatto umano col cosmo.

Considerando che questo lavoro fu snobbato dalla critica del tempo con un "è un modo troppo comodo di fare musica e fare soldi", lascio a voi giudicare "Rubycon". Io mi trovo in totale disaccordo dovuto al fatto che all'epoca era difficile far apprezzare musica simile in America, perchè fino ad allora la kosmische aveva avuto e riscosso successo in Germania e in Nord-Europa. Era un rischio che metteva in gioco la carriera del gruppo, ormai reputato una rivelazione della musica moderna in Europa. E considerando che invece quest'album fu apprezzato, trovo alquanto un oltraggio giudicare un pessimo lavoro "Rubycon". Un lavoretto coi fiocchi, pulito e senza macchie, sintonizzato quasi alla perfezione e calibrato al meglio dai tre musicisti.

Un viaggio in un'altra dimensione.

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