Line up:
Algy Ward: Vocals, Bass
Mick Tucker: Guitars
Cliff Evans: Guitars
Graeme "Crash" Crallan (R.I.P. 2008): Drums
Cercando le varie (in realtà ce ne sono solamente due) recensioni dei Tank qui su DeBaser, ho notato, con una punta di amarezza, che nessuno si è apprestato a recensire la loro quarta, immensa fatica: questo "Onore e sangue" dalla copertina qui affianco, probabilmente realizzata con brutali e frenetiche pennellate che la rendono non del tutto differente da un quadro impressionista. Un carro armato, un Tank imponente, sembra avanzare verso il nemico, dando l'impressione di essersi lasciato alle spalle una moltitudine di vittime, tra civili e avversari. è dunque la guerra il tema ispiratore di questo album, la più fredda, caotica e cinica guerra di cui Algy Ward (voce e basso) e soci hanno fin da sempre amato trattare/denunciare nei loro album, motivo per cui sono stati una notevole fonte di ispirazione lirico/musicale anche per le band dell'Heavy Metal estremo che cominciavano ad affiorare in quel periodo (Sodom su tutti).
"Honour And Blood" viene pubblicato nel 1984, anno in cui la NWOBHM aveva già raggiunto i suoi massimi livelli artistici e in generale, la storica scena Heavy Metal iniziava a dover concorrere con sottogeneri più veloci ed estremi, quali lo Speed e il neonato Thrash Metal.
Considero l'album come la maturazione definitiva della band, una prova più che valida che potrebbe del tutto mettere in dubbio la convinzione di molti secondo cui i Tank sono essenzialmente la copia sputata dei Motorhead. Niente di più falso può essere pensato ascoltando questo disco, in cui certamente l'influenza di Lemmy e soci ancora in parte permane, ma il rinnovo della line up ha inciso anche sul sound: da power trio che erano (Filth Hounds Of Hades e Power Of The Hunter) mutano nella classica formazione a quattro (evento già verificatosi nel precedente album This Means War) a seguito dell'uscita dalle scene degli storici fratelli Mark Brabbs (dietro le pelli) e Peter Brabbs (chitarra) a favore di Graeme "Crash" Crallan (anch'egli "batteraio") e Cliff Evans (anch'egli "chitarraio"). Il cambiamento ha dunque contribuito ad irrobustire, nonchè arricchire il sound dei Tank, rendendolo ancora più Heavy Metal di quanto già non fosse prima.
La tracklist originaria prevede sette brani (la ristampa del Cd include anche l'ottava The Man That Never Was). Il livello qualitativo complessivo è pressochè alto e sembra escludere quei cali improvvisi caratteristici di molti album: classica situazione in cui dopo tracce notevoli, arriva la serie di filler. Ci troviamo di fronte, più che altro, ad un'alternanza di brani molto buoni (la cover Chain Of Fools di Aretha Franklin, When All Hell Freezes Over, Too Tired To
Wait For Love) e di brani veramente eccellenti (i restanti quattro, che ho intenzione di analizzare). Spetta a The War Drags Ever On aprire le danze: intro tenebroso in synth e poi si parte con riffoni micidiali e "caldissimi", uniti ad una batteria martellante e ad un Algy Ward in formissima. La guerra è iniziata! Nella tematica Si fa riferimento al terrorismo islamico e alla pericolosità dei gruppi fondamentalisti e insurrezionalisti legati alla Jihad, pronti a tutto pur di imporre l'Islam come fondamento dello Stato, contrastando l'influenza dei governi statunitensi, prettamente liberali ed individualisti, nonchè corrotti. Maestosa, imponente, aggressiva e drammatica allo stesso tempo è la Title Track, secondo inno battagliero. Qui i Tank sfoggiano una maturità compositiva e creativa assolutamente notevole e danno prova di come il loro sound si sia decisamente evoluto e "affilato". Geniale è il riff iniziale (e del Chorus), che nella sua semplicità è glaciale e freddo come l'acciaio. Lo vedrei ben inserito nel finale De Il dottor Stranamore di Stanley Kubrick, nel famoso montaggio di varie scene in successione che riprendono lo scoppio di bombe nucleari e bombe H. Ma forse il picco massimo del brano lo si raggiunge con l'assolo, a mio avviso il migliore mai composto dai Tank, un'autentica prova di maestria. Ci si sposta invece su lidi "sentimentali" con la stupenda W.M.L.A. (acronimo di Wasting My Life Away); tutt'altro che riconducibile ad una ballad romantica, anzi, l'intro è talmente ruvido e "infuocato" che potrebbe far rabbrividire i Motorhead stessi. E contrariamente al resto dei brani, in cui spiccano senza ombra di dubbio tutti e quattro i musicisti, qui secondo me Algy Ward da assolutamente il meglio di sè, con la sua voce roca e caldissima.
E proprio quando sembrava che non mancasse più nulla per definire questo disco un capolavoro, ecco che arriva la conclusiva Kill a rispondere all'appello. Ed è proprio qui, signori, che si raggiunge l'apice assoluto dell'intera opera: Otto minuti di purissimo e "cromato" Metallo pesante come la vecchia scuola ordina e comanda, dal testo apparentemente violento in cui si nasconde implicitamente un senso di denuncia ed orrore. E' assolutamente disarmante il fatto che il riff portante, praticamente elementare, riesca ad essere così d'impatto e devastante; si parla di Power chords stradaioli di matrice Priestiana/Saxoniana, talmente "affilati" da togliere il fiato. il chorus poi, assolutamente epico e battagliero, riesce a farmi rabbrividire ogni volta.
"Honour And Blood" è il miglior album della band, assieme all'importantissimo "Filth Hounds Of Hades" (nato in piena era NWOBHM) e rappresenta, a mio avviso, uno dei picchi stilistici dell'Heavy Metal classico in generale, perciò, se adorate il Metal più puro e d'annata, commettereste un errore nel sottrarvi all'ascolto.
Saluti.
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