Serve un modello per le giovani band? Un simbolo di regolarità ed abnegazione alla musica che si ama? Un esempio di passione lontana da ogni interesse commerciale? Butto lì un nome: Tankard, con tutta probabilità il gruppo Thrash Metal con il più alto tasso alcolico nel sangue. Attivi da quasi trent'anni sono stati tra i pochi a restare in piedi nella bufera degli anni '90 (che commercialmente e stilisticamente colpì pure loro) salvo poi, a cavallo del millennio, trovare di nuovo la formula magica: la musica come puro divertissement. C'è chi va a pesca, chi gioca a curling, chi si beve completamente il cervello per la gnocca, chi legge, chi adora non fare un emerito cazzo tutto il giorno e poi ci sono i Tankard, che passano il loro tempo a suonare metal e tracannare birra; un hobby assolutamente invidiabile, senza costrizioni di sorta, patologicamente confutabile.
Se con ''Kings Of Beer'' (2000) e ''B-Day'' (2002) la tendenza al tramonto era stata ribaltata, con ''Beast Of Bourbon'' del 2004 Gerre e compagnia certificano la loro seconda giovinezza all'insegna del buonumore, dell'assalto frontale senza compromessi e, immancabilmente, della birra. L'undicesimo album della band di Francoforte vive di arrangiamenti diretti e tirati ma non per questo spogli o disordinati, dei soliti testi a metà tra l'arguto e lo sboccato, ma anche di una performance musicale impeccabile da parte di tutto il gruppo, insomma, un lavoro che fa di sicuro più bene al nostro umore che alla nostra spina dorsale. Risaltano pezzi come le rozze e devastanti ''Under Friendly Fire'' e ''Fistful Of Love'', l'anthraxiana ''Alien Revenge'' o l'esilarante ''Dead Men Drinking''; ''Slipping From Reality'' mette in mostra un refrain spaccaossa, mentre ''The Horde'', più ritmica, accentua il gran lavoro al basso di Frank Thorwarth. Tutto contrassegnato, come da migliore tradizione, da un Thrash Metal ruvido e spontaneo alimentato dall'animalesco drumming di Olaf Zissel e cesellato alla perfezione dalla chitarra di Andreas ''Fucking Christian'' Gutjahr, che talvolta si rammenta del suo passato Power e sferra qualche assolo melodico dal piacevole retrogusto neoclassico.
I Tankard sanno aggiungere pure un pizzico di varietà al loro suono e lo fanno con il mid-tempo ''Die With A Beer In Your Hand'' (un titolo, un manifesto), brano che strizza un occhio all'Epic Metal, ma in particolare con i passaggi scuri arpeggiati di ''Endless Pleasure'', dove Gerre pare davvero un cantante serio... Ma loro sono i Tankard ed in chiusura arriva la cover di ''We're Coming Back'' dei punkers britannici Cocksparrer, uno dei pochi gruppi che per goliardia potrebbero ambire a confrontarsi alla pari coi nostri.
Un capolavoro allora? Non ce n'è bisogno, i Tankard il loro capolavoro lo scodellano album dopo album, concerto dopo concerto; lo aggiornano nell'ardore della loro avventura musicale, nella carica con la quale assalgono ogni palco, nell'umorismo con cui infarciscono i loro testi. ''Beast Of Bourbon'' ci regala undici tracce di ottimo Thrash Metal e, soprattutto, l'esigenza pungente di (ri)trovarsi davanti agli occhi un grassone fradicio di sudore che urla "Questa è la mia pancia" prima di catapultarsi in un headbanging esagerato.
Almeno per una volta, dimentichiamoci la musica dotta e laboriosa lasciandoci versare addosso litri e litri di delirante e liquoroso metallo teutonico.
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