Ubriacarsi, fare casino con gli amici e divertirsi: la formula magica dei thrasher tedeschi Tankard. Fedeli ai loro fan e prima di tutti a se stessi, eccoli riapparire alle soglie del 2000 con quello che è forse il loro album più accessibile. La fase sperimentale del thrash tedesco è appena finita, e la fase più melodica -se mi passate il termine- ha inizio: i Sodom stanno lavorando a "M-16", i Kreator a "Violent Revolution" e i Destruction si sono appena riuniti in formazione classica e sono lì lì per sfornare "The Antichrist". I Tankard, dal canto loro, si lasciano alle spalle gli album degli anni 90 -fortemente influenzati dal punk- per tentare una strada che rappresenterà l'inizio del "rinascimento" del movimento thrash.
Spazio alla melodia quindi, e a riff maggiormente ruffiani, senza dimenticare una massiccia dose di aggressione musicale. Si parte a mille con "Flirtin' With Disaster", pezzo velocissimo dedicato a uno degli effetti più sgradevoli dell'alcool, ovvero... vabbè non voglio rovinarvi la sorpresa! Struttura come sempre molto curata e particolare per questo pezzo che apre con il chorus, dove i membri della band partecipano per supportare la voce al vetriolo di Gerre, e poi prosegue con le strofe cantate in maniera sguaiatissima. Il ritmo non cala minimamente con la successiva "Dark Exile", che si differenzia per un chorus molto più melodico che va poi a sfociare nel solito assolo thrash al fulmicotone, e per un cantato più aggressivo ed impostato. "Hell Bent For Jesus" è un mid tempo roccioso che accellera a tradimento e ti porta all'headbanging più sfrenato, soprattutto quando Gerre urla con tutta la band "Motherfucker die, motherfucker die"; sarete ancora gasati, quando i primi riffoni distorti della title track vi riveleranno una visione musicale che non credevate possibile, una sorta di Manowar ubriachi che si scatenano in un coro epico e pieno di pathos. Il brano è sicuramente tra i più riusciti del disco e chiude con una sfuriata degna dei tempi andati.
"I'm so sorry" è una scheggia impazzita debitrice del thrash d'annata, "Incredibile Loudness" una vecchia demo risuonata e riproposta con discreti risultati. E arriviamo a quelli che, insieme alla title track, sono i capolavori del disco: "Land Of The Free" e "Mirror Mirror". La prima è un mid tempo che apre con un giro di basso memorabile e tratta un argomento piuttosto serio per una band come i Tankard, eccone un estratto: "Land of the free - if you're able to pay/Land of the free - if you're righteous to stay/Land of the free - better bring some good luck/Land of the free - but we don't give a fuck/Land of the free - but without me, land of the free". La prestazione di Gerre è probabilmente una delle migliori di tutta la sua carriera, perfettamente in linea con l'argomento trattato. "Mirror Mirror" è invece più veloce ed ha un riffing dannatamente efficace e vario; l'assolo come sempre è ultraveloce e preciso, il cantato di Gerre poiuttosto composto e incisivo.
Prima di andarmi a fare una birra (dopo aver ascoltato un cd dei Tankard, ha tutto un altro sapore!), vi lascio le mie conclusioni: un album che riesce a precorrere i tempi, trasudando vera passione; peccato per un paio di pezzi sottotono, ma nel complesso un ottimo lavoro.
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