Niente serve a niente. Questa è una storia triste, ma vera. Sarà tanto se non la finiremo piangendo.

Aveva torto il rivoluzionario d’Italia quando diceva che l’uomo è per metà fortuna e per metà virtù. Aveva torto e i TAR lo sottoscrivono col sangue e il sudore inutilmente versato sui palchi di mezza America. A nulla valse il supporto di Tom Hazelmyer e lo stampare dischi per l’Amphetamine Reptile. A nulla valse affidare le proprie canzoni ai microfoni di Albini - cosa che accadde per questo “Jackson”. A nulla servì uno split con i Jawbox e un tour con i Jesus Lizard. Nonostante tutto, i TAR, sono finiti nel limbo del “chi sono?” e non stento a credere che pure loro lo sospettassero fin dall’inizio.

Era il 1991 quando i TAR da Chicago pubblicarono “Jackson”, secondo loro disco. Era l’anno dell’esordio degli Unsane e dei Jawbox, di “Goat”, di “Spiderland”. I TAR non sono arrivati in ritardo. Erano lì, tra i gruppi dei novanta che contano, ma, nonostante tutto, a qualcuno capita di nascere postumo e si resta segnati.

I Jesus Lizard senza quella marcata vena d’isteria; degli Unsane non oppressivi e macabri; dei Jawbox molto meno frenetici.

Un no-riff scarnificato fino all’inverosimile che viene lasciato in sospeso, come se il suo autore avesse dimenticato la nota che segue (“Dark Mark”); un accordo netto - quello di “Trauma” -  e deciso, che si allunga fino a toccare i confini del Post-Rock mentre il basso prosegue nelle sue geometrie. Sull’altra faccia della medaglia risiede il fascino di “Goethe” con quella melodia trascinata che sembra rubata a Johnny Rotten; le sincopi, i singhiozzi di “Walking The King” che accarezzano il silenzio prima e dopo la tempesta e che fanno suonare pure l’aria. Se vi sembrerà di sentir cantare Chino Moreno (“Viaduct Removal”), non preoccupatevi: non siete impazziti. Anche lui ringrazia insieme ai tanti chitarristi che hanno preso e riciclicato questo stile semplice, ma efficacissimo. Uno stile immobile, essenziale, pieno.

Ristabilite le gerarchie degli anni 90, mettete fine a questa triste storia: i TAR non potete ignorarli e il mio grazie per alle anime perdutamente freak, con le pareti di casa in vinile, ed ai loro consigli.

Tre pallini e mezzo.

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