Se, tempo fa, uno fosse venuto a dirmi che esisteva una cupa scena industrial dalle mie parti, gli avrei riso in faccia. Andiamo, dai, underground brianzolo? La sola espressione fa crepare dalle risate.

E invece cos'è successo?

Una bella sera sarei dovuto uscire con la mia compagnia di quel tempo (tre o quattro anni fa tutti). Mi passava a prendere un mio amico di cui ora ho perso le tracce: è scappato in Svizzera ad autoprodursi dei pezzi noise per drum machine. Comunque, fatto sta che lui aveva in macchina un disco che non era assolutamente 'da macchina'. Una roba criptica, cupa, a tratti appena percettibile e altre volte, invece, si buttava in relitti noise che trasportavano in un'altra dimensione.

Gli ho detto: "Ma che figo che è questo disco! Di che si tratta?"
Lui, indicando il lettore CD mi ha risposto: "è mio zio che suona." 

Era un disco dei Tasaday. Così li ho scoperti. Così ho scoperto che tra queste lande e tra queste menti che sembrano vuote si estendeva tutta una sottocultura piuttosto florida.

"Implosione Tra Le Pieghe Dell'Anima" è il disco più anti-musicale e "maledetto" della formazione.

Suona come un brulicare di vermi che richiama i Nurse With Wound e le cose più cupe dei Coil. Si snoda tra implosioni free-jazz a post-punk marcio e stonato, per poi ributtarsi su estensioni dark-ambient. Tutto scuro, terribilmente libero, improvvisato e doloroso. 
I pezzi scorrono, ma tutto potrebbe trattarsi di un'unica suite: suoni senza capo né coda che costruiscono, però, qualcosa di meravigliosamente ipnotico e viscerale. Il suono di una notte senza stelle che lotta contro un temporale imminente. 

Delcamazioni ubriache di spoken word e fiati che si fanno largo tra le strutture scheletriche e sporche, per poi lasciarsi annientare da improvvisi frastuoni che sanno di catacombe. 

Un disco che non si fa riascoltare in loop, ma che ogni volta che lo metti in play fa sempre la sua porca figura: costruisce immaginari, sensazioni e universi che sanno di pece. Musica libera, anarchica, sanguinaria che lascia di stucco. 

Un disco che, forse, non racconterà nulla di nuovo a chi è già avvezzo al genere e che abbia già nella sua collezione i capisaldi del movimento. Ma è triste sapere che in Italia avevamo i Tasaday e che oggi ci bagnamo di fronte ai terrificanti Offlaga Disco Pax e alla loro politica da seconda media. 

 

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