INTRODUZIONE
Red è il quarto album in studio di Taylor Swift. Questa artista nasce come una cantante country con l’immagine della tipica ragazza “acqua e sapone” che sogna l’amore vero e soffre delle relazioni finite. Questo album, a mio parere, spezza questa sua immagine.
TAYLOR: LA RAGAZZA HIPSTER E I SUOI TESTI
In Taylor si vede il rinnovamento anche nell’aspetto: rossetto rosso, vestiti hipster, capelli lisci. Non è più la principessa country che si proiettava nelle favole o immaginava il suo Romeo. È una ragazza che sa dire di no (“We Are Never Getting Back Together”), che si sa divertire (“22”) che riconosce di essere un po’ lunatica (“Stay Stay Stay”) anche se non dimentica il suo lato romantico. Un romanticismo nuovo, però: niente più stelle della Georgia o balconi veronesi. Ora il suo amore è “come guidare una Maserati” (“Red”).
I testi di questo album affrontano tematiche storiche del suo cantautorato (relazioni finite, rimpianti, giovani amori) ma con una nuova energia. Meno auto-commiserazione, meno illusioni, più agire. Forse anche un po’ più di malinconia. Lo stile con cui scrive i testi però è sempre il suo, quello che ti tocca, che ti fa provare le sue stesse emozioni, che ti fa vivere l’esperienza SWIFT.
ADDIO COUNTRY
Per analizzare in modo più oggettivo la musicalità di questo album ho dovuto dimenticare i precedenti perché questo non ha nulla di country. Stiamo parlando di un album dai due volti: uno più pop-rock, l’altro più acustico, un po’ folk. L’anima più pop di questo disco sta nelle canzoni come “We Are Never Getting Back Together”, “22” e “I Knew You Were Trouble” che contengono anche suoni sintetici. Da notare sono gli esperimenti vocali piuttosto audaci che Taylor ha fatto per essere “all’altezza” di questi pezzi, soprattutto i falsetti. A mio parere il risultato non è male, l’esperimento è mediamente ben riuscito anche se è troppo TROPPO lontano dallo stile originario di Taylor. Sono canzoni che contengono cori ed effetti che a me ricordano un po’ le ultime produzioni di Avril Lavigne. Non è proprio una bella cosa.
Parliamo dell’aspetto più folk dell’album. Potrei citare come pezzi rappresentativi “All Too Well”, “I Almost Do”, “Everything Has Changed” (ft. Ed Sheeran) e “Begin Again”. Queste canzoni hanno una sonorità un po’ piatta, non c’è una grande fantasia di strumenti, ma il risultato complessivo è quello di una serie di ballad che creano l’atmosfera giusta per I loro testi.
Quello pseudo-folk è lo spirito vero e proprio dell’album.
Canzoni da notare sono:
“Red” che è uno dei pezzi, a mio parere, meglio riusciti anche se forse è la nuova “Mine”. Penso che sia, insieme a “Begin Again” la canzone più affine al genere country (anche se molto distante).
“The Last Time”, scritta con il cantante degli Snow Patrol. Si sente l’influenza di Gary Lightbody nella composizione del brano. È l’unico pezzo del cd con un pianoforte evidente.
“Stay Stay Stay”, una canzoncina molto originale dalle sonorità divertenti. Non proprio originale ma decisamente inaspettata. È allegra, movimentata, quasi natalizia. Da ascoltare per capire cosa intendo.
IL VERDETTO
Nel complesso amo definire questo album “Il primo album in studio della NUOVA TAYLOR” perché è qualcosa di nuovo per lei anche se i richiami nella strumentazione possono riportare al suo secondo e terzo album (niente a che vedere con il primo. Assolutamente). Forse da “Taylor Swift” a “Fearless” e da “Fearless” a “Speak Now” c’è stata una graduale evoluzione ma questo album ha segnato uno stacco totale con tutto ciò che c’era prima. È un “Nuovo Testamento” della sua carriera. Non la condanno per questo.
Non è il festival dell’originalità per quanto riguarda la musica anche se il risultato finale è decisamente accattivante. Mi aspettavo una porcheria ma sono rimasto piacevolmente sorpreso.
I testi sono davvero ben fatti.
Voto: 8 su 10 nella mia scala POP ATTUALE (in cui 1 sta per “Up All Night” degli One Direction e 10 sta per “A Thousand Suns” dei Linkin Park).
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