Ci sono gruppi che, anche immeritatamente, rimangono nella storia della musica. Altri che spariscono, meritatamente, dopo un singolo. E poi ci sono quei gruppi che pur avendo tutte le potenzialità per avere successo duraturo rimangono relegati a una fortunata stagione, o poco più, e sono ricordati per essere stati tra i rappresentanti di una decade.

E' il caso dei Tears for Fears, gruppo inglese capitanato da Roland Orzabal ed esponente di spicco della new wave/synth pop inglese. Anni '80, certo. Chi non ricorda hit come "Shout", "Mad World" o "Sowing the seeds of Love"? Poi però il gruppo ha proseguito ed ha intrapreso altre strade perdendo gradualmente la notorietà fin lì conquistata. Ed è lì il peccato.

"Elemental" segna il ritorno dei TFF dopo gli anni'80, ed è un ritorno gradito, ma in solitaria. Orzabal, compositore del gruppo, è rimasta l'unica voce del gruppo. Quello che non cambia è il songwriting intelligente e i testi pungenti, mai banali. Lo stile TFF è infatti sempre quello della canzone pop raffinata, ma le sonorità sono più mature e nel disco si avverte una vena sperimentale particolare. le canzoni sono diventate più complesse (sono lontani gli andamenti a filastrocca che caratterizzavano i ritornelli del repertorio precedente).

Il pezzo di apertura è la title track, caratterizzata da un'apertura quasi electro, con un riff di chitarra e i synth in crescendo, il cantato è acido. Poi attacca un ritmo più funky, e nel ritornello il summenzionato riff la fa da padrone. Seguono i singoli "Cold", in cui compare un altro elaborato riff orecchiabile e un bel giro di basso, quindi "Break it down again". Questa canzone merita un ascolto particolare. Comincia con un coro solenne che farebbe quasi pensare a un gospel accompagnato da una marcia, poi parte la canzone vera e propria; un pezzo pop che se ascoltato bene rivela una serie originale di accordi, tant'é che sarebbe splendido sentirlo in versione acustica. Tra i picchi del disco anche "Fish out of Water", altro riff di chitarra efficace per un pezzo evocativo che ti porta nato da precedente belle canzoni. Fatti rilevanti. E' rimasto legato più che altro alla decade degli 'su spiagge lontane raccontando di un rapporto finito male. Uno di quei pezzi carichi di risentimento da dedicare a chi ti fa credere tutto per poi rivelarsi una completa delusione.

"Brian Wilson Said" é l'altro apice. E' il brano più sperimentale; comincia con chiare atmosfere surf (il titolo è già di per sé omaggio al leggendario leader dei Beach Boys) e infatti ti sembra quasi di avere la sabbia addosso, di sentire il rumore della risacca. Poi, un bel tuffo nell'oceano. Nuotiamo sott'acqua, in apnea, ad occhi aperti, guardiamo la luce frangersi limpida e filtrare sopra di noi. Lentamente risaliamo per tutto il lungo e meraviglioso assolo di chitarra free jazz che sfocia infine in un outro suggestivo e malinconico: siamo riemersi in superficie, e abbiamo il fiatone. Chiude una reprise della strofa e ci lascia lì, ad asciugare sulla riva da dove siamo partiti, baciati dal sole del tramonto.

L'ultima traccia del disco, "Goodnight Song", è un emozionante addio a un amico d'infanzia (forse colui che abbandonò il buon Roland per una carriera solista?) Begli assoli di chitarra e un cantato morbido, sentito, coinvolgente.

Certo in questo disco non mancano i punti deboli ("Mr. Pessimist", "Gas Giants"...), ma quelli in suo favore li fanno dimenticare facilmente: canzoni ben scritte, intelligentemente elaborate, ben arrangiate e suonate, e soprattutto davvero emozionanti. Per questo è un peccato che il nome dei Tears for Fears sia rimasto legato più che altro alla decade degli '80. Tentativi di ritorno ce ne sono stati, ma non hanno sortito effetti rilevanti. Che dire?..

Ci sono gruppi che spariscono dalle scene in modo graduale ma immeritato. Eppure ne hanno lasciate di belle canzoni.

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