E' una sorta di Bitches Brew aggiornato ai '90 il sound intrapreso da K. Martin & J. Broadrick durante le prime uscite Techno Animal. Lunghe suite epilettiche immerse in un dissonante magma elettrico, che miscela realtà apparentemente inconciliabili quali dub, world music, industrial, hip hop, ambient e i classici scenari 'free' già familiari ad altri progetti dei due. 

Cosi come accadeva sul capolavoro dello sciamano elettrico l'assalto sonoro viene suddiviso in due dischi, ma ognuno con una ben precisa direzione. Incessanti tribalismi dub ("Mastodon Americanus"), affreschi ritmici ora vicini all'hip hop con residui di funk lobotomizzato ("Narco Agent vs The Medicine Man") ora all'industrial più dirompente ("Demodex Invasion"), solfeggi di tromba allucinati (qui si ci aspetta un "a-là Jon Hassell" ma è nientedimeno che il leggendario Jon a suonare in "Flight of the Hermaphrodite"), o ancora sottostrati di cluster claustrofobici e la presenza fissa di frenetici acidismi di 303 ad inserirsi qua e la, come si trattasse del piano elettrico di un Joe Zawinul, sono quanto si trova nel disco uno, denominato "Dream Machinery". 

Più vicino al precedente "Ghosts", più droneggiante e meno industriale il disco due, "Heavy Lids": tempi lentissimi e dilatati ("Needle Park"), paranoie organiche deformi ("Evil Spirits", Angel Dust"), sperimentazione sulle macchine più marcata (imitazioni di didgeridoroo, nastri e rumori metallici assortiti come nel caso del capolavoro "Catatonia" e "Red Sea") e un finale col botto, equamente bilanciato tra la lunga (21 minuti) e tetra stasi dark-ambientale, stile primo Robert Rich, di "Cape Canaveral", e quella meno criptica, che richiama invece ad Eno in botta d'acido, della narcotica "Resuscitator".

Probabilmente non il top di questo grande progetto, ma pur sempre un must per chi ha amato le derivazioni più pesanti dei due (God, Godflesh, Ice, Jesu, The Curse Of The Golden Vampire...).

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