Nell’indolenza dello stato influenzale in cui si trova il mio apparato sensitivo superiore (quello che non serve a pensare), la catarsi che offrono i Teenage Cool Kids è propedeutica a spostare l’attenzione dal mio presente gonfio e gocciolante ad un passato ch’era fatto di musica da sorseggio.

Analogamente alla sensazione inferta da una foto raffigurante una persona a noi vicina lustri fa che non sappiamo più in quale galassia ruoti, c’era una volta della musica decantata, maturata in botti garbate per arrivare alle nostre orecchie maldestre al fine di educarle a metabolizzarne gli impulsi.

Era l’epoca di gruppi sfigati, un po’ dimessi, un po’ malinconici, un po’ melodici, un po’ tutto senza il tutto ma solo col po’. Erano gli anni degli Yo La Tengo!, Grandaddy, Blonde Redhead, dEUS, Pavement ed era la musica con cui sono cresciuto, malinconia annessa. Tempi in cui al ci sei o ci fai c’era qualcuno che lo-fi, semplicemente, ma lo faceva dannatamente bene. Perciò mi piange il cuore sulle note di “Landlocked State”, vero gioiello melodico degno di Ride The Tiger. E’ palpabile l’eredità lasciata dagli Yo La Tengo! anche in cavalcate trasognate come “Kachina Doll”, dove lo sferragliare iniziale delle chitarre rimanda all’estro di Malkmus. Il disco rimane piacevole anche nelle incursioni post-punk del brano iniziale e “Zealous Convert” (territorio prime ondate emo la prima, e Blur arrabbiati a là “Chinese Bombs” la seconda). C’è anche spazio per dell’estro: vedesi il garage-funky che strizza l’occhio agli Weezer di  “Beyond The Grasp Of Guilt” o l’intimità cosmica dei Van Pelt alternata alla ruvidezza sonica di “Volvo To a Kiss”. Più di Big Troubles o Yuck, i Teenage Cool Kids hanno saputo rispolverare il cuore sgualcito del lo-fi in questo ventunesimo secolo.

Un piccolo capolavoro autoprodotto che segue due lp totalmente anonimi e sconosciuti di una band che (al 90%) non c’è più, registrato nel 2009 e fatto uscire solo qualche mese fa.

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