La scintilla che scocca, il contatto fra le punte delle dita, quelle dei due somari ritratti in copertina: ecco cos'è “Still Smiling”, fra i più acclamati parti discografici dello scorso anno.
Frutto di un'amicizia di lunga data e di un rapporto di lavoro dislocato fra Roma e Berlino, l'album è il riuscito connubio fra due artisti che hanno saputo trovare, fra il serio (una visione artistica condivisa) e il faceto (il puro divertimento nel lavorare bene insieme), più di un elemento positivo: comunione di intenti, confronto, complementarità.
Da una parte, seduto in cabina di regia, l'italianissimo Teho Teardo, oggi autore affermato e firmatario di importanti colonne sonore, ma già attivo nel campo dell'avanguardia fin dagli anni ottanta e successivamente titolare, fra gli altri, del progetto Meathead. Dall'altra, dietro al microfono (e all'organo, alla chitarra, e alle prese con diavolerie assortite), un signore che certo non ha bisogno di presentazioni.
Una collaborazione, seppur eccezionale, che non si avventa su di noi con la stretta micidiale della sorpresa stravolgente. Non è una novità infatti che Blixa Bargeld già da qualche tempo amasse bazzicare dalle nostre parti: mi vengono in mente quella serata all'interno della rassegna Fosfeni nella quale il Nostro allestì un'esibizione di sola voce, cimentandosi nel campo della sperimentazione vocale, sconfinando persino in territori spudoratamente cabarettistici; e i contributi di reading per la compagnia teatrale Societas Raffaello Sanzio. Sfoggiando per l'altro, in entrambe le circostanze, un buon italiano. E proprio da queste premesse il tedesco sembra ripartire, coadiuvato dal diligente compare che gli cuce intorno la perfetta colonna sonora post-industriale, sebbene “Still Smiling” sia l'esperienza più cantautoriale che lo abbia ospitato come cantante.
L'elettronica sottocutanea e l'armamentario di strumenti (chitarre acustiche ed elettriche, basso, piano, sintetizzatori, percussioni) che le fanno da contorno sono una veste raffinata, morbida, elegante, che calza a pennello alle stramberie di Bargeld. In questa dialettica, l'ingegno di Teardo si realizza principalmente sul fronte degli arrangiamenti, ambito in cui possono essere sfoggiate le competenze maturate durante la stesura di colonne sonore; mentre la performance del tedesco conserva, seppur in forma edulcorata, le asperità ereditate dai trascorsi come enfant terrible del terrorismo sonoro più oltranzista (che sopravvive nella ricerca effettuata sullo strumento voce: approccio che sposta il lavoro dal piano cantautoriale ad uno più squisitamente avanguardista). C'è abbastanza dei suoi Einsturzende Neubauten in “Still Smiling” (“Axolotl”, per esempio,), e qualche traccia della sua militanza nelle fila dei Bad Seeds (“Alone with the Moon”, altro esempio), ma le vette di lirismo toccate in questo ultimo lavoro ci restituiscono un Bargeld riverniciato a nuovo, motivato, fresco e capace, divertendosi, di emozionare.
Se l'iniziale “Mi Scusi” deve tutto il suo appeal ad un italiano deliziosamente zoppicante ed un testo divertente, ma tutto sommato fine a se stesso, se non addirittura ruffiano, l'opera proseguirà il suo cammino su livelli mediamente alti, raggiungendo ragguardevoli altitudini in più di un episodio, come in “Come Up and See Me”, la title-track (addirittura commovente) e soprattutto in “If What if...”, introdotta, prima dell'esplosione, da carezze di archi e un suadente recitato in italiano. L'abilità di Teardo dietro le quinte è indiscutibile, e a lui va il merito di un suono tonico, mai invadente, frutto di un percorso che volge verso i lidi del minimalismo, ma senza rinunciare alla tentazione di ispessire il corpus sonoro con un ispirato artigianato dell'avanguardia: dettagli, preziosismi, dinamiche ed arrangiamenti fatti come dio comanda. Un modus operandi che ottiene come risultato l'armoniosa intersezione fra un sound pregno del rigore e della severità, anche marziale, del retroterra industriale a cui Teardo fa continuamente riferimento (Throbbing Gristle, Coil, gli stessi Einsturzende Neubauten) ed un assetto da camera che fa largo impiego di archi (le viole, i violini e i violoncelli di Martina Bertoni, di Elena De Stabile e del Balanescu Quartet). Terreno ideale per le libere evoluzioni vocali di Blixa che può finalmente spaziare in lungo e in largo, cavalcando più che discretamente tre idiomi (l'italiano, l'inglese ed ovviamente la sua lingua madre, il tedesco).Questo incontro di sensibilità (l'opera certosina, quasi amanuense, del nostro compatriota; l'anarchia e l'espressionismo tracotante del teutonico brigante) conduce ad un'opera che nei suoi dodici capitoli sa divertire e commuovere, toccare parimenti il cuore e il cervello, mettere insieme un mix di sensazioni ed umori (malinconia, fanciullesco candore, entusiasmo, ironia, auto-ironia, una follia misurata ecc.) talmente perfetto da rasentare la “furberia”.
E non si fa certo fatica a capire perché “Still Smiling” si sia accattivato le simpatie di una certa intellighenzia e delle fronde più snob di critica e pubblico, che hanno accolto il lavoro dello strano duo con un entusiasmo fin troppo eccessivo: c'è tutto in “Still Smiling”, lavoro colto e ricercato, ma anche tutto sommato di facile fruizione, probabile specchietto per le allodole per chi si vuol dare un tono in campo di ascolti e gusti musicali. E c'è persino una puntina di malcelato orgoglio patriottico per il nostrano Teardo che, raggiungendo con questo lavoro la meritata consacrazione, ammaestra la bestia e favorisce le condizioni per la migliore espressione possibile di quelle che sono oggi le potenzialità di un personaggio come Bargeld: autentica leggenda vivente che, da un lato detiene lo status di chi si è guadagnato un posto a vita nella storia della musica, ma che dall'altro si porta sulla groppa una carriera più che trentennale, un fardello che può pesare ed infiacchire molto (e in effetti non è che negli ultimi anni il Nostro si sia distinto per prove memorabili).
Tutto questo, si diceva, è troppo perfetto per essere vero, e infatti solo al crepuscolo dell'ascolto (mentre cori da stadio inneggiano alla sequela di slogan snocciolati sul finale di “Defenestrazioni”) principia a sorgere il sospetto che dietro a questo sforzo vi sia stato del mestiere e molta molta auto-compiacenza, la sicurezza in definitiva di centrare alla perfezione il target prefissato senza troppa fatica né coraggio. Ma anche quando questo pensiero si sarà infine materializzato, oramai sarà troppo tardi: “Still Smiling” ci avrà oramai conquistato con la sua bellezza.
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