I Ten East sono una sorta di supergruppo in cui militano alcune delle figure chiave del desert rock; la formazione, nata per volontà di Gary Arce (chitarra, fondatore degli Yawning Man), vanta tra le sue fila gente del calibro di Brant Bjork (ex Kyuss, ex Fu Manchu, qui al basso), Mario Lalli (Yawning Man, Fatso Jetson, alla chitarra) e Bill Stilson (batterista legato a Greg Ginn), ossia alcune delle più influenti e versatili personalità del giro.

E “Ten East” è appunto il nome della strada che porta dal centro di Los Angeles fino al deserto, “un’autostrada extraterrestre” che in poche ore di viaggio conduce il viaggiatore in un mondo completamente diverso rispetto al caos della metropoli, uno spazio geograficamente vicino ma contemporaneamente lontano anni luce, in quel deserto che è certamente la maggior fonte d’ispirazione per la musica di questa band. Una musica che riprende la lezione degli Yawning Man (dopo tutto qui vi suonano due dei membri originali, oltre a Brant Bjork che non ha mai fatto mistero di esserne un fan di vecchia data), quindi pezzi rigorosamente strumentali uniti al gusto per le jam session all’insegna dell’improvvisazione, con uno stile che mischia la melodia alle più diverse influenze (dalla psichedelia al surf, ma anche jazz, blues e punk).

Le linee guida di questo progetto sono semplici: niente di preparato, entrare in studio, improvvisare in libertà su un groove e registrare il tutto. Rispetto agli Yawning Man le canzoni sono più lunghe (delle 8 canzoni presenti, tre superano i 10 minuti), “pesanti” e distorte, oscillando spesso tra reminescenze dei Black Sabbath ed echi di matrice quasi progressive. I quattro musicisti suonano a loro agio, sono sulla stessa lunghezza d’onda e si sente (infatti l’intero disco è stato registrato in un'unica sessione di tre o quattro ore), riuscendo a creare composizioni dilatate ed assolutamente lisergiche, che insieme si fondono in un unico e mutevole flusso dal sapore meravigliosamente ipnotico.

Più che un album, un autentico trip sonoro.

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