Andrò controcorrente. Al modo di Huysmans mi oppongo alle tante critiche che sono piovute su questa pellicola coreana fin dalla sua uscita nel 2007. Se infatti "Black House" non è un capolavoro del genere e non apporta nulla di nuovo è innegabile l'attitudine psicologica e fotografica che eleva il film dalla mediocrità di altre uscite horror degli ultimi anni.

La pellicola, diretta da Terra Shin racconta la storia di Jon-oh (interpretato da un sorprendente Jeong-min Hwang) che dopo aver visto morire di suicidio suo fratello minore decide, mangiato dal senso di colpa, di approfondire le ricerche sulla morte del figlio di un suo cliente. Entrando in una vicenda non sua, verrà a conoscenza di implicazioni che lo porteranno a confrontarsi anche con il suo passato.

Il regista coreano sceglie di apportare una divisione netta al film. La prima parte è propriamente più drammatica e psicologica e richiama alla mente sia per atmosfera sia per ambientazione quel piccolo gioiello che è "L'uomo senza sonno".
Niente mutilazioni o efferatezze simili. Siamo di fronte ad una narrazione lenta e "grigia" che ha il pregio di non far annoiare. Nella seconda parte invece veniamo catapultati in una serie di scene puramente gore, realizzate sempre seguendo uno stile "delicato" che non si trasforma in una rappresentazione banale della violenza.

La "frazionatura" della pellicola viene resa anche per quanto riguarda lo stato mentale dei protagonisti. All'inizio il regista punta sugli stati d'animo di Jon-oh che nonostante il dolore per la perdita del fratellino sa reagire e trovare un'impiego come assicuratore. Pian piano è la sua curiosità a portarlo alla disperazione. Dal momento in cui inizierà a perdere anche sua moglie, consapevolmente capirà che il suo unico obiettivo è trovare la verità in una vicenda che tocca di rimando anche il suo passato. Il paradiso di una vita tranquilla si scontra con l'inferno reso nelle ultime sequenze.

Dalla sua uscita, "Black House" ha fatto discutere. La maggior parte della critica cinematografica mondiale ne ha dato un giudizio negativo relegandolo al solito horror estivo che puntualmente raggiunge il grande schermo. Sia chiaro:non siamo di fronte ad un capolavoro. I rimandi ai grandi cinema dell'orrore statunitense ci sono tutti e putroppo limitano l'originalità del plot ma questo non fa del lungometraggio in questione una ciofeca come più volte è stato definito. Un'ottima fotografia decadente e opprimente quanto basta e la mescolanza di generi diversi garantisce alla pellicola coreana almeno di essere presa in considerazione. Poco male in un periodo in cui solo Francia e Inghilterra sono riusciti a produrre degli horror degni di nota.

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