Secondo lavoro per i tedeschi Terranova, dopo il buon esordio con "Close the Door" e una raccolta di remix per la collana Dj-Kicks edita dall’etichetta K7, ormai diventata un punto di riferimento per la scena elettronica attuale dopo il lancio di niente-popò-di-meno-che "loro maestà" Kruder & Dorfmeister.

Letteralmente dovrebbe significare "facendo l’autostop senza sosta e senza una particolare destinazione", ma il condizionale è d'obbligo. Di certo, invece, c'è una differenza di sound con l’album precedente, che si evince fin dal primo ascolto.

Se l'esordio del 1999 era infatti strutturato su costruzioni in chiaroscuro, lo si deve agli echi non ancora sopiti di quella scena trip-hop che, l'anno precedente, aveva visto i suoi "padri fondatori" dare alla luce capolavori come "Mezzanine" (Massive Attack) e "Angels with Dirty Faces" (Tricky, il quale prestò il suo genio all’esordio dei tre berlinesi).
Oggi, a distanza di più di tre anni, la scena elettronica si è evoluta verso mille direzioni e con essa il sound dei Terranova, senza dubbio più eclettico.

Il nuovo album sembra figlio della "club culture" e di tutto quel vortice di stili e gusti che si incontra, per l'appunto, nei club. È come prendere uno scatolone e buttarci dentro di tutto un po': si passa dal rap e dall'hip-hop di "Sublime" e "Heroes" al punk elettrico di "Good Bye the Ferrari", dal big beat di "Running Away" e "Women Beat Their Men" alle strutture dub di "Equal Rights" e techno di "Concepts".

È un meltin' pot di grande impatto che diventa il punto di forza di questo lavoro. Ma, inevitabilmente, anche punto limite; la mancanza di un filo conduttore e la concomitanza di stili così eterogenei potrebbero non piacere ai "puristi" e lasciare spiazzati di fronte alla mancanza di quel sound univoco che distingueva l'album d'esordio.

Alchemico e indeciso.

Carico i commenti...  con calma