"Ci sono due vie per affrontare la vita: la via della natura, e la via della grazia."
Esordisce in questo modo il quinto lungometraggio di Terrence Malick, divenuto ormai un'icona misteriosa, quasi "leggendaria" del cinema mondiale. Quarant'anni di carriera e soltanto 5 film all'attivo, tutti però considerati lavori di un certo spessore artistico. Per quest'aura di venerazione e di rispetto verso un artista giudicato fin troppo riservato e introverso, l'uscita di "The tree of life" è stata attesa come un qualcosa di necessario per il cinema, come se l'arte di Malick, il suo stile allo stesso tempo visionario e drammatico potesse risollevare la settima arte di tutto il globo.
Che dire: "The tree of life" è una pellicola in pieno stile Malick. Tanto silenzio, dialoghi naturalmente ridotti al minimo (anche se meno che in altre occasioni), attenzione maniacale per ogni più piccolo dettaglio, vedute oniriche, paesaggi e spazi infiniti e tutta quell'aria di misticità che è intimamente legata ad ogni opera del cineasta texano.
"The tree of life" (L'albero della vita), è l'analisi dell'uomo, dall'infanzia fino alla maturità, la dimostrazione di come le scelte educative influiscano sui comportamenti umani, il "perchè" di alcune azioni. Malick individua due modi precisi: uno legato "alla via della natura" che nel film ha le sembianze del signor O'Brien (Brad Pitt), e l'altro "alla via della grazia" cioè la signora O'Brien (una splendida Jessica Chastain). Lei bella e gentile, quasi eterea nel rapporto con i suoi tre figli, convinta che amando si possa davvero assaporare la vita, raggiungere la missione di un'esistenza felice. Lui un uomo fin troppo pratico, a volte diretto e violento, forgiato in questo modo dal suo lavoro e dall'idea che nel mondo bisogna farsi strada mediante la forza, perchè nessuno guarda in faccia nessuno. Questi due diversi modelli educativi si ripercuotono su Jack, il figlio maggiore che viene interpretato nella sua fase adulta da Sean Penn. Egli è un uomo confuso dal suo passato che si sente a disagio nel mondo moderno.
Su un'interessante storia di base Malick imbastisce "un'ultima cena" di immagini, simboleggianti la Creazione di tutto, la Nascita, in un fortissimo legame tra il film, i suoi personaggi e Malick con Dio, che torna ricorrente più e più volte all'interno del film. Ogni fotogramma è perfettamente al suo posto, in un gioco di microcosmi e pensieri che si intrecciano per lasciare domande senza una risposta.
Terrence Malick veste i panni di un moderno Quintiliano della pedagogia e attraverso quest'analisi dell'educazione, cerca di penetrare all'interno della mente umana, dei rapporti tra le persone, cercando risposte al mistero della nascita e della vita. La sua è un'opera affascinante e monumentale, filmicamente perfetta, bilanciata in ogni sua parte. Una Bibbia drammatica ed essenziale per comprendere il cinema e la persona di Malick, dopo "The tree of life" ancor di più uomo cult e leggenda del cinema d'autore.
"Un giorno cadremo e verseremo lacrime, e perderemo tutto, ogni cosa."
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