Brazil. Un incubo in anticipo sui tempi…

"Il miglior film di fantascienza mai realizzato." Harlan Eleison

E io aggiungo: “se Kafka fosse nato regista avrebbe lui stesso realizzato questo film”. Questo "Brazil" si inquadra infatti in una fantascienza atipica e surreale di stampo kafkiano che fonde assieme commedia, tragedia, noir e fantascienza appunto come mai era accaduto prima (è il 1985, parliamo di più di 20 anni fa!). Tutto partì “profeticamente” nel 1984, anno di inizio della produzione del film che casualmente coincide con il grande romanzo orwelliano a cui si è ispirato (che però il regista Terry Gilliam dichiarò di non aver mai letto prima!).

La vicenda narra della grande ansia che la società moderna ha nei confronti della relazione tra gli individui, toccando temi come la sottomissione psicologica e culturale in primis e il predominio di un ristretto gruppo di persone sulla vita di una fetta più grande della popolazione, arrivando perfino al controllo dei desideri ultimi e dei sogni (pensate forse di trovarci così tanto lontano, oggi?!).
Rispetto alla versione cinematografica di Michael Radford che realizzò il film “1984” cupo e claustrofobico, qui il merito di Terry Gilliam (ex appartenente del gruppo dei Monty Python) è stato quello di aver donato al film “la leggerezza” e l’ironia tipicamente british che sovrasta un po’ tutto il film e che trae la propria forza nelle scene apparentemente più ossessive e angoscianti. Come a invitarci a “sorridere” e a cogliere sempre il lato easy delle cose, anche nelle situazioni che sembrano non avere vie d’uscita. Diventa assolutamente irresistibile quindi il contrasto tra i fatti che accadono e la rappresentazione sarcastica e ironica degli stessi, come se fosse tutto parte di un sogno (o un’incubo) che alla fine si dissolverà come una bolla di sapone.

Ma il film è anche una satira spietata contro la burocrazia e la massificazione dell’individuo con sprazzi di assoluta genialità e di “preveggenza” allora inpensabili per quegli anni (la scena della mamma patita della chirurgia plastica che si rimodella a ritmo settimanale il volto, per esempio, già anticipatore dell’attuale Silicon-Mania che attanaglia ormai il 40% delle nostre donne).

In breve si narra che in luogo qualunque del XX° secolo, l’anonimo impiegatino Sam Lowry, uno dei tanti che passa la sua triste esistenza nelle città sotterranee controllate da un regime totalitario e onnipotente, sogna continuamente di essere un eroe alato che vive una storia d'amore con una donna dalla forma angelica, salvandola da un enorme e cattivissimo mostro.
Per fortuna il Governo Centrale non controlla ancora i sogni e così, tra errori e varie peripezie, tra ribelli che lottano contro il sistema e la paura di affrontare le proprie paure e ossessioni, il nostro impiegatino affronterà le brutture della società dittatoriale in una discesa infernale di dantesca memoria fino al coronamento del suo sogno: incontrare realmente la donna soltanto immaginata.
Una favola raffinata e ricca di citazioni, con soluzioni visionarie e oniriche di una forza sconvolgente, intermezzate da mille trovate comiche e pungente sarcasmo (eredità del vecchio gruppo demenziale di cui il nostro faceva parte).

"Brazil" è una fantascienza astrusa, complessa, originale, spesso cialtronesca ma al tempo stesso geniale come poche. Un film che è ormai un classico del genere soprattutto per la fantasia sconfinata del suo regista che ci ha donato probabilmente il suo Capolavoro, a tutt’oggi insuperato su molti fronti (nomination all'Oscar per sceneggiatura originale di Gilliam, Tom Stoppard e Charles McKeown, le scenografie di Norman Garwood, oltre che per musica, suono e canzone).

Un film assolutamente da vedere per la sua attualità e per averci descritto un futuro in fin dei conti, non troppo lontano da quello che ci appresteremo a vivere da qui ai prossimi 20 anni (con buona pace di tutti… sob!).

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