Anno 2005, Dave Lombardo se n'è andato, appena dopo aver dato il proprio apporto dietro le pelli all'epocale "The Gathering", come anche i Deathiani James Murphy e Steve Di Giorgio: un ensemble troppo fenomenale per poter durare. Al loro posto, ritorna all'ovile la formazione classica al completo: Alex Skolnik, dopo il suo invaghimento jazz-rock, e la sessione ritmica Louie Clemente/Greg Christian. Prevedibile celebrare il tutto con un live commemorativo, ma anche necessario? Questa volta, il proiettile dell'uscita insignificante è stato evitato.

"Live In London" fotografa una band sicura, agile e compatta che svolge lo sguardo al passato dei primissimi LP, i bellissimi "The Legacy" e "The New Order", oltre che i meno importanti "Practice What You Preach" e "The Ritual". La prima traccia è "The Preacher", classicone da mosh-pit, seguita dalla bella "The New Order". E il gruppo macina note e pesta terribilmente, niente da recriminare.

Highlights (che bel termine) dell'opera, la melodica "Electric Crown" (cantata notevolmente da un non più giovanissimo Chuck Billy), la terremotante "Into The Pit" e la conclusiva, celebre "Disciples Of The Watch", forse la canzone simbolo dei primi Testament, del loro vecchio thrash metal arrembante in jeans attillati e scarpe da tennis bianchissime. Tutt'altro gruppo, i Testament degli anni '00.

La qualità del suono è ineccepibile, sufficentemente pulita ma "presente", con gli urli del pubblico bene in evidenza. La padronanza tecnica non è da meno.

Piccolo passo indietro, al momento della mia copia tra le mani del suddetto album: scorro rapidamente l'elenco delle tracce, alla ricerca di una "D.N.R." o una "Legion Of The Dead", ma niente. Allora mi sorge spontanea una domanda, come mi è sorta anche in seguito, durante un loro concerto live. Perchè nessuna traccia del capolavoro "The Gathering", del 1999? Questioni di copyright? O semplicemente Clemente non è Lombardo, Skolnik non è Murphy? Il dubbio si fa più forte: probabilmente l'affiatamento e la tecnica raggiunti in studio nella formazione "all star" non è possibile ricrearli in sede live, con altri componenti. Un gran peccato, perchè come è vero che "The New Order" è un must, negli ultimi anni il gruppo ha ritrovato una seconda giovinezza sia da studio che dal vivo, grazie anche all'ultimo arrivato Paul Bostaph (ex-Slayer) sul sellino della batteria.

Se non si pensa a questo piccolo (grande) neo, il disco è scorrevolissimo e potente, e merita un ascolto, almeno per i sostenitori del Testamento (nome altamente tamarro).

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