I Testament, oggi, sono da molti considerati nient'altro che un'appendice di un movimento musicale ormai morto e sepolto e che, in questo momento, cerca disperatamente di sopravvivere alla propria gloria, proponendosi in una nuova veste (che molto ha a che spartire con il "metalcore", anche se questo subisce influenze che non sono per la maggiore "Thrash"), e con nuovi nomi, visto che i più grandi e significativi marchi della casa, hanno abbandonato l'attitudine estrema e violenta (ed un pò canzonatoria, diciamola tutta), per dedicarsi allo sport che più attira giovani orecchie e case discografiche: il "nu-metal" e tutto quello che ne deriva.
Se però facciamo un passo indietro di qualche decennio, ci accorgeremo certamente che i Testament non sono per nulla "un'appendice" ma, bensì, una band di tutto rispetto, che ha calcato le scene e condiviso oneri e onori con nomi blasonati che oggi conosciamo tutti: Slayer, Megadeth, Dark Angel, Whiplash, Exodus, Metallica, ecc. Tra gli anno ottanta e primi novanta, questi ragazzi americani hanno portato una ventata di "gaia" violenza e tecnica in un genere già di suo invaso perlopiù da elucubrazioni ultra-negative, contestatorie e nichilistiche.
Il fatto che oggi vengano considerati dei "matusa", dunque, è ininfluente, semplicemente perché i Testament sono un pezzetto di storia dura e amata alla follia da centinaia di persone. Gente che di Trivium e Caliban oggi ride, pensando al fatto che le schiere di estimatori di queste band, pensano che la loro attitudine sia genuina e originale, mentre invece, non è per nulla così. Per carità, ognuno ha i suoi gusti che occorre rispettare e ascoltare, ma le facili montature per meglio commercializzare certi prodotti, forse è meglio metterle da parte, specialmente se si intende rivolgersi ad orecchie allenate da anni al Thrash Metal. "Low" lo dimostra.
In un periodo che non era di certo bello per i Testament, questi, forti del talento di James Murphy e Chuck Billy, rispettivamente alla chitarra e alla voce, confezionarono, nel 1994, un album pestato e violento che in più episodi travalicava il Thrash della "Bay Area" per sconfinare in un certo qual Death Metal assassino e stringente, tanto da sfornare un lavoro esplosivo e coinvolgente, che ha nei suoi punti di forza una produzione egregia, canzoni portentose, veloci e orecchiabili pur non essendo "svendute", e la grande voglia di ergersi ancora una volta ai fasti evanescenti del passato. Se poi i Testament ci siano riusciti o no, sta a chi li ha seguiti poi ed ulteriormente giudicarli, ma, per quanto di pertinenza, in questo lavoro possiamo dire che la genuinità c'è in abbondanza e si sente pure, chiara e concisa.
E così si inizia in bellezza con "Low" con i suoi break e i suoi giri di batteria invidiabili, introdotta da un growl da far invidia e da una potenza che sferra cazzotti a destra e a manca. Poi, senza pause, fino a "Trial of Tears", non c'è un attimo di respiro: furia, ferocia, Thrash e ancora Thrash. "Trial of Tears" è una sorta di interludio alla seconda parte del disco, una canzone seppur bellissima, messa lì per dar pausa poi ai distruttivi brani successivi. "Shades of War", "Dog Faced Gods" e "Chasing Fear" scorrono in un delirio sonoro crudo e senza artifici di sorta, e "Ride", questa più sconvolgente e ricca di "mood" delle altre, lascia basiti con una scarica di batteria da far saltare dalla sedia, senza troppi complimenti.
Permettetemi, se mi è concesso di dire che, anche se a me piacciono molto le nuove tendenze e non le disdegno per nulla proprio, a volte riconosco che la classe e l'esperienza collaudata di certi giganti, è per forza di cose fuori discussione perché, quando questi decidono di tirar fuori i muscoli, nulla c'è che possa tenergli testa.
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