“Ce l’ho con l’amore / che tanto mi fa male / dalla voliera dei sogni / sono spariti i trespoli / Ho murato la finestra ad est / così ora anche nello spreco / dei miei giorni / nessun alba / mi potrà distrarre // Non so più nulla di lei / e pensare / che una volta / era tutto per me / ma una volta / era tanto tempo fa / e anche tutto / col tempo passa”.*
Leggo, ascolto, guardo, rifletto e guardo e ancora ascolto e poi rileggo e non smetto di riflettere…
Questo disco ha rubato il mio tempo, anche se col tempo tutto passa e passerà anche questo, ma ora no! Ora sono qua che mi nutro di sole, di mare e di queste parole. Sequestrato, rapito, un attentato alle mie attenzioni, circondato da queste parole, perché le musiche verranno solo dopo, dopo aver letto Ezio Vendrame, Dino Campana, Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud, allora sì, si potranno ascoltare anche Lèo Ferré, Fabrizio De Andrè e soprattutto i Têtes de Bois che di poesie, rime, musiche ed esperienze passate ne hanno fanno un pamphlet sulla vita… ed anche sulla mia!
“Passa, la banda passa / le ragazze scendono giù / Passa la banda passa / dal balcone scendono giù / Comprano pezzi di cielo / e vanno lontano / che più non si può”.
Inforco la mia bicicletta, accendo il walkman e prendo quella strada che costeggia l’azzurro del mare assolato e vado, vado, vado sempre dritto per quella via, pedalando vado lontano che più non si può.
Questo non è un disco dove quattro accordi semplici fanno il giusto paio con parole quotidiane di sole, cuore e amore; entrarci dentro significa rileggersi l’antologia poetica delle medie che se riletta dopo oltre 20 anni diventa la nostra apologia alla vita e all’amore.
“Una ferita / crepa di carne dove muore il mare / deserto dove passa la vita / insanguina delle culle il candore / chiusa nel marmo infinita / da una ferita vengo anch’io. (…) Una ferita / gelosa del mio desiderio / una cucitura sul piacere / non la vorrei negata mai / una porta aperta sulla morte / quella ferita è la mia sorte”.**
Il coraggio di pensare alla fica, alla vita e alla morte che ha Lèo Ferré, sostiene il suo (ed anche mio) riflettere anarchico sulla vita, sulla sua circolarità e sulla caducità degli squilibri tra i sessi, e se la vita amorosa è sempre uno dei più bei ricordi, mai ci si può scordare di chi quel ricordo lo vive tra i muri della sua mente e quelli dimenticati di un manicomio. "Giardini con nuvole rosa e farfalle dove si gioca e ci si innamora, anche guardandosi un po’ fissi e confusi, si chiudono alla stretta di sei mani e di tute tutte uguali che costringono chi da analgesici, analittici e anestetici dorme forzato".
Il tema dell’amore e della fatica di vivere ci accompagna per quasi tutto il cd, dove in tante canzoni ricorre attraverso ripetuti rimandi letterari e metafore, come nella “Canzone del ciclista” dove si ricordano le fatiche sui pedali di quel campione d’uomo che fu Fabrizio Casartelli, il quale su una delle tante curve del Tour de France lasciò il suo ricordo di vita da gregario:
“E penso a te / che sei in cima alla salita / e già respiri / la libertà / della discesa (…) E io che ho fatto la tua stessa fatica / arriverò tra un’ora / a festa già finita (…) A mio padre dirò / che l’ho fatto per onore / Alla mia donna dirò / che l’ho fatto per dovere / Alla radio, alla tv / che l’ho fatto per la squadra / alla mia bici dirò / che l’ho fatto per amore”
Anni di concerti in giro per l’Italia sopra il cassone del loro camioncino, nelle stazioni della metropolitana o insonorizzati allo Zoo di Roma dentro la vasca delle otarie, per colmare quello spazio vuoto interno ad un gruppo di amici dove poter creare una qualche esperienza artistica; è su questi presupposti che nasce il “progetto” Têtes de Bois che in “Pace e Male” trova la collaborazione di tanti nomi illustri dell’italico mestiere d’artista, da, un sempre di un palmo sopra le righe, ma perfetto nel suo metro, Paolo Rossi a Daniele Silvestri, dalla fisarmonica di Antonio Salinas, ai commenti sportivi di Gianni Mura e Davide Cassani, dal violino dell’ex PFM Mauro Pagani, fino alla voce di Arnoldo Foà.
VIVERE questo cd vuol dire:
- Poter LEGGERE e riflettere sulle liriche a volte originali a volte mutuate dal miglior canzoniere d’autore europeo.
- Poter ASCOLTARE musiche in equilibrio tra il jazz di vita di Paolo Conte e il folklore burlonesco di un Capossela, la cui cifra stilistica è costantemente irrigata da quel fare cantautorale proprio della grande tradizione italiana, dimenticandosi mai delle melodie pop che in “Tute” o in “Io sono allegro” fanno di lavori articolati come questo semplici e godibili opere d’arte.
- Poter GUARDARE il cd video, qui epilogo coadiuvante alla decifrazione di quell’universo artistico nato da qualche anno tra le periferie di Roma.
- E infine, poter PENSARE alle iatture di un Occidente, oggi sempre più stanco e spossato, ma ancora in grado di riflettere su se stesso e perciò capace di sapersi irriverentemente ed ironicamente divertire scanzonandosi.
Infine, pure la mia vita segue questo percorso ed in estrema ratio anche io come i Têtes de Bois a chiosa di questa esperienza, mi domando quotidianamente se da grandi sia obbligatorio diventare “Grandi” ed io, come loro, non la vedo come una necessità, non me la sono mai posta come meta...
* testo di Ezio Vendrame
** testo di Lèo Ferré
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