Sembra esserci una nuova tendenza che spinge una certa porzione degli "animali indie" a ripristinare il mito Atari Teenage Riot (tra l'altro, appena lustrati e tornati con un album molto soddisfacente), realizzando canzoni che sembrano piccoli cortocircuiti di 8-bit, tastiere, ritmi hardcore, urla e tanti videogame-beats. Tra quelli che ci hanno provato, alcuni hanno raggiunto risultati a dir poco eccellenti (i bravissimi Crystal Castles, tra le più grandi rivelazioni alternative dello scorso decennio, il cattivissimo e fenomenale This Song Is A Mess But So Am I), altri meno impegnati, ma sicuramente molto divertenti (gli sboccati e spensierati francesi Sexy Sushi, i Kap Bambino), mentre altri sembrano avere il vizio di fare una grande canzone, per poi scadere (i promettenti You Love Her Coz She's Dead mi avevano sorpreso con la rivoluzionaria "Paraffin", tre minuti e mezzo di pura e genialissima euforia in acido, per poi continuare a riciclarsi con pezzi carichi di potenza, ma abbastanza scialbi). A quest'ultimo gruppo sembrano appartenere anche i neonati Tex Taiwan.
L'album di debutto, "Damaged Hearts", poteva promettere una manciata di pezzi sicuramente poco originali, ma incredibilmente coinvolgenti e ben realizzati. Ad illudere è stato il pezzo "Labyrinth", cattivo, colorato e scoppiettante al punto giusto, grazie sia a dei beats studiati e travolgenti e una voce femminile ispirata, ma mai isterica. Il resto di "Damaged Hearts", sebbene viaggi su livelli sempre piuttosto convincenti, grazie ad una cura quasi maniacale del suono, sembra ripetere sempre la stessa identica formula, con la convinzione che possa sempre funzionare.
Di belle canzoni non mancano, ovvio. A parte la già citata "Labyrinth", una "Hearts War" potrebbe fare la sua porca figura ad un party, così come una cibernetica sfrecciata punk che ha il nome di "E-E-Erase". A mancare è proprio l'ispirazione.
Quello che caratterizza un gruppo come i Crystal Castles, o anche i minori, ma simpatici e bravi, Kap Bambino, è appunto la passione di mettersi in gioco e di sperimentare. I Tex Taiwan sembrano arenarsi sulla stessa, identica formula per dieci pezzi, finendo per stancare, quando l'obiettivo sarebbe un altro: distruggere. "Damaged Hearts" è la copia carbone di altri venti gruppi, senza rielaborare, senza un minimo di impegno nel rendere i pezzi personali. E in certi passaggi (la poppeggiante "Magnify", la leggermente più cattivella - ma neanche tanto- "Hunter"), si arriva persino, incredibilmente, alla noia.
Chiude il disco, in bellezza, una più riuscita "Haphazards", nulla di speciale, ma per lo meno riesce nell'intento di coinvolgere.
Un disco molto altalenante, sicuramente ben realizzato, ma incredibilmente innocuo e poco originale. Da quelli che mi avevano quasi convinto con un pezzo semplicissimo, eppure geniale nella sua supponenza electro-naif, come "Labyrinth", mi sarei aspettato qualcosa di più. Peccato.
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