“Maps of non-existent places” è il primo album del giovane gruppo statunitense Thank you Scientist, pubblicato nel 2012 quale seguito dell' EP “The perils of time travel” (2011).
La formazione è piuttosto insolita, nata fondamentalmente dall'aggiunta di tromba, sax e violino al canonico quartetto voce-chitarra-basso-batteria, ma che spesso arricchisce ulteriormente la varietà strumentale con l'utilizzo di percussioni, viola, violoncello e mandolino o addirittura facendo ricorso a elementi decisamente inusuali quale trombone, flicorno e shamisen. Con una simile abbondanza non è difficile immaginare quanto il suono dei Thank you Scientist possa risultare vario e corposo, e infatti non è particolarmente semplice riuscire a proporre un'etichetta che aiuti a classificare la loro musica. Il genere di riferimento è sicuramente un progressive (hard) rock di stampo The Mars Volta-Children of Nova, energico e molto variegato, cui vanno aggiunte pesanti influenze metal e jazz-rock, sporadiche spruzzate di funk e una impostazione decisamente più ortodossa rispetto ai sopracitati predecessori. Le furiose esplosioni dei The Mars Volta, perennemente in bilico tra colpo di genio e sterile gioco intellettuale incomprensibile, non trovano spazio in questo album, che ha dalla sua una struttura incredibilmente solida e matura e una scarsissima tendenza all'auto-indulgenza. Il suono è molto compatto e la scrittura dei pezzi rivela una notevole capacità di orchestrazione. Il risultato è davvero notevole, che mostra un gruppo estremamente a proprio agio, capace di proporre un suono nuovo, eclettico ed innovativo.
Dopo un breve preludio cantato, si parte subito a tavoletta con il trittico “A Salesman's Guide to Nonexistence”, “Feed the Horses” e “Blood on the radio”, che chiariscono subito di che pasta sono fatti i Nostri, tra bordate metallare, cambi di tempo fantasiosi, riff brillanti ed una tecnica strumentale di primo ordine. La freschezza e l'originalità del suono sono senza dubbio tra i principali punti di forza, che rendono estremamente accattivante l'ascolto. Personalmente ho trovato particolarmente stupefacente la capacità di inserire gli interventi dei fiati e soprattutto del violino, mai fuori posto, adeguatamente valorizzati nei loro momenti di maggiore risalto e complessivamente molto ben amalgamati con il suono d'insieme. Con il pezzo successivo, “Absentee”, il gruppo dimostra di saperci fare anche con sonorità molto più delicate, tirando fuori una ballad che mette insieme sonorità non convenzionali, ben punteggiate dal bel lavoro del violino, un paio di assoli di sax e chitarra di pregevole fattura e una prova vocale intensa ma misurata. Se fin qui i Thank you Scientist sono riusciti a impressionare per freschezza e inventiva, il seguente pezzo “Suspicious Waveforms” è un'ulteriore rivelazione. Sei minuti e mezzo di ottimo jazz-rock strumentale, guidato prevalentemente da tromba, basso e batteria, ma con ottimi inserti anche di tutti gli altri strumenti. I rimanenti quattro pezzi non fanno che confermare e rinforzare l'impressione di grande solidità di questo gruppo, che riesce benissimo a sposare il gusto per un suono innovativo e inusuale sia in pezzi dalla classica struttura intro-strofa-refrain (“Carnival” e “Concrete swan dive”, entrambi splendidamente orecchiabili), sia in momenti di maggiore sperimentazione (“In the company of worms” e “My famed disappearing act”, impreziositi da gustosi fraseggi di chitarra fretless e da un eccellente lavoro di tapping, rispettivamente).
In conclusione, “Maps of non-existent places” è un album estremamente godibile e ben realizzato, che fa ben sperare sul potenziale dei Thank you Scientist, una band che alla prima vera prova ha saputo dimostrare di avere già le idee molto chiare, una spiccata personalità e notevoli mezzi tecnici.
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