Cominciamo con una domanda.
Che genere fanno i “Thank You Scientist”?
La risposta potrebbe essere “boh” oppure “tutti”.
Diciamo che nella band del frontman Salvatore Marrano (voce), che italiano non è, c’è tanta tecnica, tanta musica e tutta ben condita, un po’ come fare una mare e monti, aggiungendoci della frutta e senza urtare il palato, creando inaspettata meraviglia.
Dopo quattro anni da “Maps of Non-Existent Places”, già recensito (non da me, ma da Blasquiz) su DeBaser, arriva nel 2016 “Stranger Heads Prevail” che se proprio devo, potrei inserirlo nella categoria del prog rock, ma siccome non devo, non lo faccio. Semplice.
Non è invece semplice lo stile di questa band, in questo album che ha rinnovato qua e là i suoi membri (Cody McCorry al posto di Greg Colacino e Ben Karas che sostituisce Russ Lynch) ed in fase di registrazione ne ha aggiunti altri ancora per dare maggiore creatività ed impatto sonoro.
Parte l’esplorazione musicale in “Prologue: a faint applause”. Tanto risalto alla voce di Marrano, polifonia vocale alla Beatles (o alla Queen, esagerando) in apertura, ritmo incalzante, lirismo pianistico, arrangiamenti d’archi ed in due minuti ti fai l’idea della band…
No, assolutamente no. In “The somnambulist” i fiati aprono i rubinetti e ne sgorga l’elettrica potente di Tom Monda (chitarra elettrica, chitarra acustica, shamisen, sitar, voci) e siamo assolutamente in un alt rock in cui gli ottoni Ellis Jasenovic (sax tenore) e Andrew Digrius (tromba e flicorno) svolgono il tappeto musicale delle tastiere arricchendolo di una certa nota barocca, mentre la chitarra e la batteria (anche doppio pedale) di Alvarez danno un impulso travolgente. Se non fosse per l’estrema pulizia vocale di Marrano, potremmo essere tranquilamente in un brano dei “Queen of the Stone Age”.
In “Caverns” percepiamo un’ottima interazione a livello ritmico tra il già citato Odin Alvarez e il nuovo bassista (anche theremin e sega musicale) Cody McCorry, che non perdono un colpo su repentini stop and go e cambi di tempo a favorire la sezione fiat ed il violino di Ben Karas (violino, viola, violino elettrico 5 strings) ed i solismi di Monda, sempre variegato e creativo.
“Mr. Invisible” ha un approccio funky, sino all’entrata in scena della malleabile voce di Marrano, che pare essersi trasformato per qualche minuto in Bruno Mars (vocalmente parlando, perché fisicamente è un omaccione, bianco, con la barba e gli occhiali). Il brano prosegue con lo stesso incipit fino al solo di Jasenovic ed il botta e risposta conclusivo tra tromba e chitarra elettrica.
Menzione per “Blue Automatic”, primo singolo dell’album, facilmente rintracciabile, che è la traccia probabilmente più ascoltabile dalla massa, che si contrappone alla traccia più variopinta e complessa dell’album, priva di voci, un manifesto musicale a tutto tondo, sin dal titolo: “Rube Goldberg Variation”.
Parafrasando le 30 variazioni bachiane ci sono 8’53” in cui bisogna lasciarsi trasportare dalla guida spirituale della rocambolesca batteria che accompagna gli altri strumenti, come Virgilio fa nella dantesca commedia. Stili diversi (rock, latino, funky, jazz, ambient), le sonorità mutano, gli assoli sono momenti magici in cui fai progressivamente la conoscenza degli interpreti; la storia si sposta, cambia sfondo, a tratti è lenta, nebbiosa, in altri momenti frenetica, quasi travolti da un time-lapse inaspettato. Magister Musicae per questi ragazzi del New Jersey.
Le ultime due songs, ovvero “Psychopomp” e “The Amateur Arsonist’s Handbook” sono decisamente piene e corpose dal punto di vista dell’incedere e degli interventi, puntigliosamente composti ed eseguiti.
Undici tracce complessive, per oltre un’ora di musica (forse un po’ troppo), ma in conclusione mi viene da dire che rimane un settetto interessantissimo, nonostante le sostituzioni, ma che non ha messo una marcia in più rispetto all’album d’esordio (eccezione per “Rube Goldberg Variation”). Vago nell’incertezza sulla voce di Marrano che a volte mi convince al 100%, altre volte mi risulta eccessiva rispetto alla qualità musicale che già trama sotto la sua voce, mi arriva come un tentativo di provare a farsi vedere a tutti i costi come il “personaggio di turno” che si stende davanti a tutti nelle foto di gruppo.
Una faccia ed una sonorità sicuramente diversa che va ascoltata ed eventualmente apprezzata, al proprio gusto personale. Non esiste la musica per tutti.
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