Classico album considerato minore e quindi sottovalutato ,"Bull of the Woods" esce nel 1969  prima che il gruppo si sciolga devinitivamente.

Le informazioni sul disco sono poche, ma è certo che Roy Erickson collabora solo in quattro brani. Tommy Hall con il suo jug suona solo un brano anche se molti li ha composti lui stesso. Queste due quasi defezioni potrebbero sembrare negative per il risultato se non fosse che il chitarrista Stacy Sutherland si trovi in un eccezionale stato di grazia sia in termini di composizione che di esecuzione. In più ritroviamo anche il primo bassista storico Ronnie Leatherman parecchio in forma e ispirato.

Il suono del gruppo non si discosta molto dal secondo disco (è infatti composto in concomitanza) anzi trova forme ancora più stranianti. I brani sono tutti di ottimo livello e pur essendo un disco dal suono compatto ogni brano ha delle vive particolarità.

"Livin On", con un Erickson in gran spolvero, è uno sporco r&b mid-tempo in cui subito la chitarra di Sutherland ci fa capire chi è il protagonista anche se Roy gli tiene testa dimostrando la sua grande personalità (secondo me tra le migliori voce di sempre).

"Barnyard Blues" è un acid blues con voce calda e chitarra eccelsa di Sutherland, la ritmica basso-batteria accentua un movimento estremaente sensuale. "Till Then" è un tipico brano sostenuto e gioioso alla Byrds, cantato a più voci con passaggi velocissimi. Con "Never Another" il jug e la voce ultraterrena di Roy ci fanno entrare in un brano allucinante quanto straniante: contrappunti fiatistici impazziti, cambi di tempo improbabili e Roy disperato bluesman lisergico che chiama l'ipnotico finale pulsante.

Dopo un trip sconvolgente ecco le campane di "Rose And The Thorn". L'atmosfera è lugubre, la voce di Stacy declama versi criptici e in lontananza si sentono cori fantasma, ma ecco che un giro di basso avvolgente e un bel riff speranzoso di chitarra ci fanno volare nel cielo terso. Queste progressioni si ripetono con momenti altamente suggestivi e commoventi, la chitarra sembra una seconda voce. Brano tra i più particolari mai sentiti.

"Scarlet And Gold" non è da meno in termini di originalità, questo strano brano sembra un dub ante litteram sferzato da break psichedelici. "Street Song" è scossa elettrica pura: gli stacchi, gli assolo di chitarra, la batteria arrembante ci fanno precipitare tra le nubi di un temporale. Il riff iniziale è quasi una citazione di "Astronomy Dominè" dei Pink Floyd.

"Dr.Doom" è un divertente folk-rock con Ray placido e risoluto alla voce. Azzeccati quanto allegri i fiati nei ritornelli. Splendido lo stacco centrale con la ripresa della strofa. "With You" è una caraccolante cantilena a più voci, con un bellissimo lavoro bassistico e di batteria.

Chiude il disco e quindi la saga dei 13th Floor Elevators un brano indimenticabile e tra i più belli del gruppo: "May The Circle Remain Unbroken" con Roy diretto tra gli immortali.

Certo questo disco può essere considerato un pò naif in parecchi passaggi, ma possiede un'aurea magica e misteriosa che pochi album possiedono. Per un fan del gruppo e della psichedelia in generale è da avere.

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