Se pensiamo alla storia della musica, l’unica roba buona che ha veramente dimostrato di resistere allo scorrere del tempo è la roba buona che sa convivere col vuoto pneumatico. Mi riferisco agli unici dischi che oggettivamente possano essere definiti immortali, del tipo che se li suoni in uno squat di quelli chic milanesi nessuno ti viene a urlare in faccia che sei vecchio e il nuovo di Charli XCX è una bomba assurda. Per una volta stanno tutti zitti. Sto ovviamente parlando di dischi come il secondo di Bob Dylan o quello di Neil Young con la copertina gialla, album in cui metà delle canzoni è di una bellezza abbacinante e insuperabile mentre l’altra metà fa vomitare i gabbiani. Sono dischi che, nel bene e nel male, vivranno per sempre.

Dal filone dei classici intoccabili sono però esclusi quegli album in cui la traccia d’apertura non tiene botta col resto dell’opera, e i 1975 sembrano nati e studiati per mandare tutte queste teorie radicate a puttane. Credo che basti questo, non fosse per il fatto che metà delle canzoni qua fa cagare i cormorani, mentre l’altra riprende i Radiohead e ne fa una versione poptimistica che si disperde tra svariati strati di xeno-contemporaneità che quasi ti sembra di vederci la madonna crocifissa. E invece è solo il miglior pop che si possa arrivare a concepire, e in generale l'unico che oggi abbia un senso politico di esistere. Chi dice che questo disco copia roba già fatta, probabilmente non ha mai smesso di chiedersi come sarebbero stati i Beatles negli anni settanta e io non è che ho proprio voglia di fare l'avvocato delle cause perse, ecco.

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