La storia degli A-10 è una di quelle che mi appassionano, storie di gruppi che suonano punk'n'roll, lo suonano di ottima qualità a dir poco, nessuno si accorge minimamente di loro se non qualche addetto ai lavori, poi da quella storia ne nascono altre che vanno tutte allo stesso modo, fino a quando tutto finisce nel peggiore dei modi possibili, con un persistente senso di amaro in bocca che cogli anni al limite diventa nostalgia o malinconia.
Insomma, una di quelle storie romanticamente rock'n'roll, e se però il rock'n'roll fosse meno incline alle suggestioni del sentimento e più razionale, qualche volta sarebbe meglio: per gli A-10 sarebbe stato meglio, non ho alcun dubbio al riguardo, perché con un minimo di sensatezza sarebbero stati subito annoverati tra i gruppi di culto del punk anni '80, qualcuno ce li annovera(va) già, ora come allora, ma troppo pochi per cambiare il verso della storia.
Io li ho conosciuti praticamente per caso – quella che si dice una botta di fortuna – e prendendola molto alla larga: è andata che a metà '80 a Roma suona un gruppo chiamato Kim Squad and Dinah Shore Zeekapers e però dura poco, solo lo spazio di un album bellissimo, poi ognuno per la sua strada; il chitarrista Giorgio Curcetti, ad esempio, va nei Garbages, altra storia che finisce in un baleno e lascia ai posteri il solito dischetto notevole per chi ha orecchie per intendere, si intitola «Where the Alien Is?»; nei Garbages ci suona il basso Romano Pasquini, che poi prende il primo aereo per Londra, che è il posto where the action is, sicuramente più di Roma; sul retrocopertina, tra i ringraziamenti di rito, i nomi di tanta bella gente e qualche sconosciuto, tipo gli A-10 e, tra parentesi, ci sta scritto (Massive at Blind School). Ora, io ho la buona abitudine di leggermi sempre i ringraziamenti stampati sulla copertina e, negli anni, ho conosciuto così tanta bella musica, così come ne ho scansata di pessima. Comunque sia, ecco come ho conosciuto gli A-10, grazie a una riga di ringraziamento sul retrocopertina di un disco di uno sconosciuto gruppo romano.
Che poi, avrebbero dovuto essere dei predestinati, gli A-10, per il solo fatto di nascere a Ladbroke Grove a Londra e suonare punk, perché Ladbroke Grove è dove un decennio prima si incontrarono Strummer, Jones, Simonon e Chimes e misero in piedi i Clash.
A Ladbroke Grove ci abita un neozelandese in trasferta, si chiama Jeremy Chunn, ha suonato in un gruppo chiamato Henchmen, è fratello di Mike che ha suonato il basso in un gruppo di una certa qual fama, gli Split Enz; al momento Jeremy è nullafacente ma con le mani in mano non ci sa stare e soprattutto non sa stare senza far urlare la sua chitarra; allora, scrive a mano quattro righe su un foglio strappato dal blocco, ne fa un centinaio di copie, un po' le distribuisce nei negozi e nei locali dove suona la musica giusta, un po' le invia a riviste specializzate. Su quel foglio Jeremy ha scritto “Cerco gente per mettere su un gruppo ispirato a Ramones, Barracudas e Radio Birdman”, punto.
E già qua io agli A-10 che ancora non sono mi sento di volergli un gran bene, per Ramones e Radio Birdman, certo, ma ancora di più per averci messo in mezzo i miei adorati Barracudas.
«Primo!» urla Romano Pasquini, il fuoriuscito dei Garbages volato a Londra che è il posto where the action is: Romano ha vent'anni, poco più, è a Londra in cerca di azione e di tanto in tanto scrive su Rockerilla di quello che succede da quelle parti; messa così, potrebbe sembrare una volgare marchetta che degli A-10 poi scriva solo Claudio Sorge sulle pagine di Rockerilla, ma è tutt'altra cosa, attitudini che si incastrano alla perfezione come le due metà della stessa mela, piuttosto.
«Secondo!», e questo è Lee Robinson: figurarsi, Lee ha suonato la batteria nei Fortunate Sons, il gruppo messo in piedi da Robin Wills dopo lo scioglimento dei Barracudas, e quando legge quel “nome” si fionda come invasato al pub dove gli hanno dato appuntamento Jeremy e Romano.
Habemus gruppum, qui sibi imposuit nomen A-10: Jeremy voce e chitarra, Romano al basso e Lee alla batteria.
Le prime prove, i tre ci danno dentro come ossessi; ad un certo punto Lee sbotta «Ca##o, suonate troppo veloci voi due, va bene i Ramones, va bene 14 canzoni in 14 minuti, ma io non ci riesco a starvi dietro», getta via le bacchette e si autoproclama cantante. «E alla batteria chi ci sta?» gli fanno Jeremy e Romano, come quando nelle partitelle a pallone tra amici si rimprovera quello che non vuole mai stare in porta. «Io no di certo, però provo a sentire J.P.», J.P. è Jean Pierre Jezequel che a Londra divide venti metri quadrati di pavimento e un tetto con Lee; J.P. accetta di mettersi alla batteria, e così Lee va a piazzarsi davanti al microfono.
Eccoli qua gli A-10, la prima multinazionale del punk'n'roll, ci sono un neozelandese, un italiano, un inglese e un francese: sembra l'attacco di una barzelletta, diventa nel breve volgere di pochi anni una delle storie più belle e sconosciute della seconda ondata punk, almeno per me e almeno per il presupposto. Che è una cosa del genere, non ce ne frega niente di fare dischi, meno che mai di fare soldi, vogliamo solo un posto per suonare la musica che ci sconvolge testa, cuore e budella.
Il posto, se nessuno te lo da, te lo trovi: il primo concerto è sul marciapiede, davanti alla porta della Rough Trade, sotto la neve che cade abbondante; una decina di curiosi che si sono fermati a guardare quei quattro intenti a sistemare una strumentazione di fortuna, un paio di canzoni e poi il poliziotto di turno che prega tutti cortesemente di sciogliere quella riunione non autorizzata. Finisce così il primo concerto degli A-10.
A prescindere dal poliziotto, tra il pubblico – diciamo così – ci sta un tale Gog, che rimane fulminato da quell'improvvisata esibizione di 5-minuti-5: Gog, per la storia, rimane sempre e solo Gog e forse è pazzo, forse no, ma tira fuori un po' di soldi, crea un marchio dal nulla (Innocent Records) e permette agli A-10 di registrare la loro musica su un piccolo pezzo di vinile, due canzoni «Badly Burned / Don't Look into my Eyes Tonight»; a Gog di trasformare quello spirito di ribellione incosciente in moneta sonante gliene frega pure meno che a Jeremy, Romano, Lee e J.P. e così «Ragazzi, il marchio è vostro, fateci quello che volete, e se ci guadagnate qualcosa, i soldi sono vostri, tutti fino all'ultimo spicciolo, a me basta solo il gusto di sentire la vostra musica».
E pure qua confermo che a certa gente non si può fare a meno di volergli un gran bene.
Occhei, «Badly Burned / Don't Look into my Eyes Tonight». Ne scrive solo Claudio Sorge su Rockerilla e, no, non è proprio una marchetta: gli A-10 seguono «la scia di fuoco Motor City of Detroit e la falsariga di nuovi gruppi inglesi come Birdhouse … gli A-10 sono destinati a fare grandi cose in futuro»; le fanno ma non se ne accorge nessuno.
È solo l'inizio ma potrebbe già essere tempo per i titoli di coda: se ne va Jeremy, quello dell'annuncio scritto a mano sul foglio, quello di Ramones, Barracudas e Radio Birdman; se ne torna in Nuova Zelanda, il visto è scaduto e in Inghilterra lui ora è un irregolare. Non tornerà più. Anzi no, poi torna, nel '93, dopo l'uscita del secondo album, questo «Radio Confusion»: «Ehi Jeremy, ma ti rendi conto, abbiamo tirato fuori un altro album, c'è da fare baldoria, ti aspettiamo» e lui, senza pensarci un secondo, getta qualcosa in valigia, si precipita all'aeroporto, sale sul primo aereo per Londra e dopo 15 ore filate di volo è sul palco cogli altri a macinare riff e ricordare quel concerto di 7 anni prima, davanti all'ingresso della Rough Trade, lo stesso spirito, immutato; e a ricordare a tutti quelli che non lo sanno oppure che lo scordano sovente, perché nasce, cresce e (inevitabilmente) muore una grande banda punk'n'roll.
E comunque, torno alla storia.
C'è da sostituire Jeremy, arrivano Robin Wills e Kathy Freeman: Robin Wills, quello dei Barracudas e dei Fortunate Sons, lo approccia Lee e lui non esita un secondo se si tratta di dare una mano ad un amico, anche se è solo per un paio di brani; Kathy Freeman, pure lei chitarrista, suona nei Birdhouse, quelli citati da Sorge nel suo pezzo sugli A-10, anche lei è uno spirito affine e non si tira indietro. Ne viene fuori un altro singolo «Declaration / Terminal Beach»: «Declaration» è tra le canzoni più belle degli A-10, a giochi fatti Lee ne incide una nuova versione per l'album d'esordio del suo nuovo gruppo, i Sin City Six, come a dire che, anche se le strade si dividono, certe esperienze ti rimangono dentro per sempre.
Gli A-10 e i Birdhouse si ritrovano, di li a poco, in «Motor City Madness», omaggio della Glitterhouse all'immarcescibile suono di Detroit Rock City, insieme a tanti bei nomi: Broken Jug, Thee Hypnotics, Green River, Miracle Workers, Reptiles At Dawn. Soldi zero, passione alle stelle, per chi quella musica la suona e per chi quegli album se li trova tra le mani; e comunque, operazioni del genere stanno a significare solo una cosa, che il nome degli A-10 inizia a girare e, per chi lo conosce, il gruppo è da tenere assolutamente d'occhio perché faranno grandi cose, come preconizzato da Sorge.
Intanto arriva il primo marchio “vero”, la Mantra, che non è una multinazionale ma fa pur sempre capo a Disfunzioni Musicali e per l'Italia non è poco.
E arriva pure il primo album, «Sex God War: Contributions & Rewards». Dell'ispirazione, dice Romano «Tutto il disco è impregnato degli umori di Londra che è una città molto letteraria, ma anche molto dura in cui aleggia uno spirito di follia. Cose che io riscontravo nei romanzi di J.C. Ballard che è sempre stato uno dei miei scrittori preferiti»; sul contenuto, si espone invece Lee «Le canzoni mi piacciono, ma vorrei avere l'opportunità di rifare Sex God War, in uno studio buono e con un mucchio di tempo a disposizione», in ogni caso, ad avercene album del genere. Di mio, mi limito a segnalare il rifacimento di «Dead Skin» da «Mean Time» dei Barracudas, che dice bene e senza troppi giri di parole su ispirazione e motivazione del gruppo.
E qui finisce la prima parte della storia, gli A-10 MK1.
Gli A-10 MK2, che sono sempre e solo A-10 sono, partono da un cambio di formazione: alla chitarra arriva Stefano Costantini e alla batteria Pippo Pasquini, fratello di Romano: qualcuno di poca fede incrocia le dita e prega che il gruppo non si perda.
Gli A-10 esaudiscono le ferventi preghiere e tirano fuori un disco che non molla di un centimetro le posizioni conquistate, il mini «Burnin' Chrome»: c'è ancora Kathy Freeman, c'è Kent Steedman dei Celibate Rifles in veste di produttore, ci sono 5 canzoni sempre nel solco profondo del suono di Detroit tracciato da Stooges e Radio Birdman, c'è una cover di «Cheere» dei Suicide che vale un posto nel tributo «Your Invitation to Suicide» allestito dalla casa discografica spagnola Munster e questa volta gli A-10 si accompagnano a Mudhoney, Thin White Rope, Gories, Sonic Boom, Flaming Lips, Nomads; insomma, gli A-10 sono un gruppo di caratura altissima, a livello internazionale.
Finalmente qualcuno se ne accorge, ad esempio se ne accorgono in Spagna dove gli A-10 diventano oggetto di un piccolo culto: suonano date costantemente esaurite e non si parla di poche decine di persone ma di 5.000 nella peggiore delle ipotesi; si accasano alla Munster.
Finché nel '93 esce questo secondo album lungo, «Radio Confusion», per il migliore degli A-10, per maturità e compattezza di suono, varietà di stili e consapevolezza dei propri mezzi. Sempre Romano «La ragione per cui convivono molti stili dipende dal fatto che noi viviamo in tre nazioni diverse, siamo persone di età diverse, di storie personali e culture diverse che poi si mischiano per fare musica». E ancora Lee «Ci sono parecchie canzoni perché questo gruppo è stato 4 anni senza avere la possibilità di potere registrare tanti brani quanti ne avremmo voluti e quindi ci sono stili differenti che provengono da situazioni differentie da tempi differenti di composizione». Io la faccio breve e mi limito sempre a una segnalazione, «Blue Sky Variation», ballata finale di una bellezza indescrivibile, a metà strada tra i Radio Birdman di «Love Kills» e «Cryin' Sun». Da li a qualche anno, gli A-10 finiranno a suonare coi New Christs di Rob Younger, tanto per dire, ma non erano già più gli A-10.
Se ne va Lee, gli altri provano ad andare avanti sotto la stessa sigla ma capiscono subito che non è la stessa cosa, si rompono le righe ed ognuno se ne va per la sua strada; però lo spirito continua e la musica scorre, la cosa migliore la fa Lee con i Sin City Six, semplicemente splendido l'omonimo album d'esordio del 2000; pochi giorni dopo Lee muore di tumore e passa un po' a tutti la voglia di continuare a suonare; finiscono gli A-10, finiscono i Sin City Six, finiscono i progetti di Romano.
Rimane quella sensazione di amarezza, stemperata in qualcosa che un po' è nostalgia, un po' malinconia, una preziosa storia raccontata mesi fa su una fanzine di quelle fatte solo col cuore, ma resta soprattutto la consapevolezza che è stata una storia bellissima, questa degli A-10. Per chi volesse, ci sono la raccolta «Down in the Late 80's» e la versione espansa di «Radio Confusion» per conoscere tutto quello che c'è da conoscere su di loro.
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