Se pensate che “Sunday Bloody Sunday” e “Pride (in the Name of Love)” siano inni generazionali, non avete mai ascoltato Declaration, il primo album degli Alarm, uscito nel 1984.
L’affermazione che precede è, ovviamente, provocatoria ma il confronto con gli U2 è d’obbligo poiché gli Alarm - a torto - sono sempre stati paragonati ai cugini irlandesi, risultando offuscati dal successo planetario dei primi e relegati al ruolo di parenti poveri o venendo liquidati, a causa del loro rock barricadero, come la versione più Clash oriented di Bono e compagni, facendogli torto due volte! Poiché, se nella musica degli Alarm esiste certamente un sentimento Punk ed una vaga influenza dei Clash, il pubblico smaliziato si accorgerà al primo ascolto che Declaration non è riducibile ad una copia sbiadita di U2 e Clash ma ha una propria personalità ed uno stile originale ben identificabile.
La forza dirompente di “Sunday Bloody Sunday” e “Pride” è indubbia eppure, a giudizio del vostro recensore, non superano la potenza trascinante e melodica di "Marching On", "Where Were You Hiding When The Storm Broke?", "Blaze of Glory", "Sixty Eight Guns", e di “Shout to the Devil”, tutte contenute nel debutto a 33 giri del quartetto gallese. Ed a volerla dire tutta, penso che la carriera degli U2 successiva alla prima metà degli anni 90 sia ampiamente sopravvalutata. Al netto dell’indiscusso capolavoro di The Joshua Tree, la band di Dublino ha prodotto i primi tre album, molto interessanti, con alcune canzoni epocali ma nel loro complesso ancora acerbi e tre album notevoli ma non sempre omogenei (The Unforgettable Fire, Rattle & Hum, Acthung Baby). Il che è stato necessario e sufficiente per consegnarli alla storia del Rock ma ciò non toglie che il resto della loro produzione sia trascurabile, nella migliore delle ipotesi.
E, per favore, non sparate sul recensore.
Mike Peters, Eddy McDonald, Dave Sharp e Nigel Twist, gallesi di Rhyl, nel 1981 fondano i Seventeen ma ben presto cambiano la ragione sociale in Alarm, dal nome del primo brano eseguito dal vivo, “Alarm Alarm”, ed incidono alcuni singoli che gli daranno una certa notorietà nell’ambito della scena Rock londinese dell’epoca, portandoli ad aprire i concerti di Jam, Boomtown Rats ed U2, i quali nell’estate del 1983 li vorranno come band di supporto durante il loro tour americano.
Nella primavera del 1984 pubblicano il primo album, Declaration, e raramente titolo fu più aderente al contenuto perché quest’album “socialmente consapevole” è realmente una dichiarazione di intenti, anzi è la Carta Costituzionale degli Alarm che, con le chitarre acustiche ben in evidenza, coniugano un approccio Folk con l’urgenza del Punk. In due parole, Combat Rock, o meglio Combat Folk-Rock. Ma, come si diceva sopra, ogni riferimento ai Clash appare fuori luogo perché Declaration dimostra di essere più influenzato da Dylan e da Woody Guthrie e di essere in debito molto più con la canzone di protesta dei primi anni Sessanta che con la spinta anarchica del Punk di fine anni Settanta. Provate ad ascoltare “The Stand” per credere.
Declaration differisce dalle uscite dell'anno precedente di U2 (War) e Big Country (The Crossing) e le supera, grazie all’energia sincera e vitale delle canzoni, alla furiosa intensità elettro-acustica della band (famosa per le infuocate esibizioni dal vivo) ed alle appassionate interpretazioni vocali di Mike Peters, in grado di rivaleggiare con Bono Vox.
L’album, che in una settimana finisce al sesto posto della top 20 inglese, arde di idealismo giovanile un po’ ingenuo e di un’audacia ai limiti dell’arroganza ma le canzoni sono inni irresistibili con cui i quattro gallesi incitano l’ascoltatore a cambiare il mondo ed a combattere gli oppressori con ogni mezzo. La barricadera "Marching On", L’esaltante "Where Were You Hiding When The Storm Broke?", la marziale "Blaze of glory" e l’anthem "Sixty Eight Guns" sono epiche chiamate alle armi dotate di ritornelli travolgenti e melodie indimenticabili. “Third Light” è un’invettiva punk contro la guerra, intonata sulla tomba di un milite ignoto. La dolceamara “We Are The Light”, “Tell Me” e la splendida “The Deceiver” rivelano il talento melodico degli Alarm. “Shout to the Devil”, tribale ed acustica e la conclusiva “Howling Wind” con un riff alla AC/DC addolcito da sofisticate armonie vocali, sono brani che non concedono tregua. Insomma, nessuna delle 12 canzoni di quest’opera è meno che travolgente.
Un album di debutto, epico, romantico, potente, spontaneo, adrenalinico. Canzoni che scuotono l'anima e la coscienza. Declaration è davvero un tesoro che consiglio vivamente di andare a (ri)scoprire magari insieme al successivo Strength del 1985.
Nei lavori seguenti, per quanto tutti godibili, si nota un certo appannamento creativo ed un maggiore risalto progressivamente concesso alla matrice elettrica, finché nel 1991 Mike Peters, dopo la pubblicazione dell’album Raw, che pur aveva segnato il ritorno ad atmosfere ed emozioni vicine a quelle degli esordi, annuncia lo scioglimento della Band.
Tredici anni dopo, nel 2004 ci sarà la reunion degli Alarm che da allora hanno proseguito l’attività anche concertistica sino ad oggi.
A rischio di essere azzardato, dal punto dell’impegno sociale e politico, paragonerei gli Alarm ai nostrani Gang. Va detto, però, che la rabbia e la visione politica dei fratelli Severini è molto più a fuoco e specifica, rispetto alle istanze pacifiste e di giustizia sociale un po’ vaghe della band gallese che, tuttavia, ha indubbiamente il merito di aver rappresentato in modo realistico la Gran Bretagna dell’era Thatcher e di continuare ad sostenere temi “socialmente utili”.
Al termine di questo scritto mi piace riservare poche righe al destino “cinico e baro” (direbbe Paolo Conte), che non concede tregua a Mike Peters, il quale nonostante abbia già sconfitto un linfoma nel 1995 e la leucemia nel 2005, dal 2015 sta affrontando per la terza volta la propria battaglia contro il cancro e, per quanto ne so, non si è ancora arreso. Continua a lottare, Mike!
Take this song of freedom/ Put it on and arm yourself for the fight/ Our hearts must have the courage/ To keep on marching on and on (“Declaration”).
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