"Duane mi disse che aveva bisogno di me per mettere in riga la band e per scrivere delle canzoni. Fu il più bel complimento che mi abbia fatto mio fratello." (Greg Allman)

Tra i generi musicali che possano considerarsi fortemente legati alla loro terra di origine, non vi è alcun dubbio che uno sia il rock sudista. Il mutamento musicale avvenuto tra gli anni '60 e '70 mette in luce una diminuzione di quella vivida luminescenza cavalcata appieno dal verbo psichedelico, snodato ed esplorato da bands che parevano aver esaurito le sonorità dell'espansione della coscienza. La musica del Sud degli Stati Uniti riflette e nasce come uno stato d'animo che si abbevera alla sorgente del rock ma anche del rhythm 'n' blues, in cui il ruolo di spontanei immissari viene svolto a ragion veduta dal country e dalla poliritmia del jazz. Senza girarci tanto intorno, i portabandiera di questa tenace combinazione di stili ( a cui per altro non manca una forte connotazione melodica), riescono anche ad inanellare insieme ad un ritrovato amore per la tradizione musicale americana (forse meglio chiamarla roots ...), una musica fresca e dotata di un sincero trasporto, esaltata a sua volta da una foga quasi adolescenziale.

La Allman Brothers Band riflette a grandi linee i concetti espressi seppur non sia da considerarsi esclusivamente patrimonio della corazzata dei southern rockers bensì, di quel più ampio universo che è il rock americano. A caratterizzare la ABB vi era una non comune capacità di far flirtare il costume musicale della tradizione a stelle e strisce e l'orientamento verso dilatazioni blues, lasciando ampio spazio all'improvvisazione e a quello spirito di passionalità ed orgoglio interiore ben rappresentato da liriche mai banali.

Nati come Allman Joys (per poi divenire Hour Glass ed ancora 31st of February) Greg (voce,organo e chitarra) e Duane Allman (chitarra) incontrano sulla loro strada i Second Coming che forniscono alla futura Allman Brothers Band un altro chitarrista (Dickey Betts) ed un bassista (Berry Oakley), permettendo con l'ingresso di Butch Trucks e del nero Jaimoe di completare l'assetto ritmico con l'anomala ma indovinata presenza di due batteristi.

E' l'effervescenza ritmica che trapela dall'iniziale "Don"'t Want You No More" fusa con le sofferenti note di "It's Not My Cross To Bear" a riflettere quanto siano state utili per Duane, le frequentazioni di talenti nascenti come Wilson Pickett o Otis Rush; a prevalere è infatti un'atmosfera di una semplicità ammaliante in cui la prevedibile andatura degli strumenti, viene esaltata dalla trascinante esecuzione vocale di Greg. L'immediatezza ed il riff senza fronzoli di "Black Hearted Woman" che lascia alla versatilità dei musicisti disbrigare una incandescente matassa sonora, in cui affiora - a parere di chi scrive - una prepotente e seminale forma di hard rock. La vellutata atmosfera di "Dreams" (evidente il richiamo alla rarefazione della celebre "Kind Of Blue" di Miles Davis) con gli indovinati contrappunti di chitarra e organo a suggellare lo stato di grazia compositiva del giovane Greg. Il funk di "Every Hungry Woman" apre il lato b del disco, in perfetta linea di continuità con la festosa (re)interpretazione di "Trouble No More" (Muddy Waters) in grado negli anni a diventare un classico del gruppo. In chiusura "Whipping Post" con un'inconsueta intro di basso in 11/4, che lascia spazio ad un'originalissima ricetta in cui un blues fangoso che va ad amalgamarsi con un altro ingrediente amico, un'irriverente animosità rock, dove tra i continui cambi di tempo trovano ampia libertà di sfogo le acrobazie chitarristiche di Duane e Dickey che ne diventano la portata principale, confermando il magico interplay esistente tra i due musicisti e non ultimo quello con il resto del gruppo.

Siamo di fronte ad un debut di pregio dà alla band il modo di esprimere una voglia di emergere attraverso canzoni che, sviluppate, riescono a trasformarsi in veri e propri discorsi musicali, lasciando alla libera intensità espressiva degli strumenti, intraprendere un ideale viaggio sonoro che ha la sua forza nella riuscita ed eterogenea fusione stilistica con blues e country a farla da padroni, miscela in precedenza quasi impensabile e sino a quel momento priva di un vero padre naturale. Senza voler essere per forza uno di quei dischi anche con le sue superabili imperfezioni, vittima di una ricorrente ed opportunistica rivalutazione postuma, quel che ne resta ad oggi è semplicemente il suo immutato valore sia artistico che storico.

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