Considerati realtà minore della new wave gli scozzesi Associates sono invece più dei Soft Cell la risposta britannica ai Suicide e ai D.a.f.. Non che la loro proposta possa eguagliare quella di questi due gruppi maestri che li hanno preceduti, ma almeno all’inizio della loro carriera anche loro hanno rappresentato una versione personale del “duo elettronico” con Alan Rankine a pennellare suggestive partiture sintetiche e Billy McKenzie (che purtroppo si è da poco aggiunto al gruppo di Curtis, Borland e Williams) ad intervenire con la sua voce potente ed enfatica, croce e delizia di tutti i loro album.

Il capolavoro personale di Rankine è già all’inizio con “White Car In Germany” e nella reprise strumentale “An Even Whiter Car” dove sbalordisce con l’iniziale incedere meccanico simile ad un brano techno anni 90 rallentato, Mckenzie si insinua poco dopo con la sua voce lirica da dandy ottocentesco che così poco aveva a che fare con le altre voci new wave dell’epoca e che forse proprio per questo rendeva gli Associates un gruppo unico e difficilmente imitabile. Altri brani memorabili sono “Kitchen Person” con uno splendido loop di chitarre arrembanti e la voce, questa volta più inquieta e disperata, che sembra provenire da un altro mondo, la minimale e notturna “Q Quarters”, la strumentale e ritmata “Kissed”. Tanto per ribadire il genio e la sregolatezza del gruppo, il disco finisce con la traccia “Blue Soap” con McKenzie che canta sotto la doccia un motivetto soul.

Il titolo dell’album si riferisce al cassetto nel quale i due tenevano le anfetamine. Il disco, che non è il loro vero e proprio secondo album bensì una raccolta di singoli, b-sides ed inediti tutti prodotti nell’81, non è un capolavoro ma comunque un lavoro originale e coraggioso da non dimenticare.

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