Braccia rubate all’agricoltura.

Salvatore coltiva la terra.

Sveglia presto la mattina e diretto al campo a zappare, seminare e raccogliere, seguendo il ciclo delle stagioni.

Esce di senno ascoltando il rock’n’roll ma il blues pure di più, perché lui non se lo scorda mai che il blues ebbe un figlio e quel figlio fu battezzato rock’n’roll.

Dà di matto quando attacca a suonare la chitarra ma i calli ce li ha sulle mani tutte intere e non soltanto sui polpastrelli, quelle mani grosse e ruvide da contadino.

Ha un pallino per Tony Iommi ed i Black Sabbath.

Così, quando finisce a suonare la chitarra in un gruppo sceglie come nomignolo Sabbathor: un terzo Salvatore, un terzo Black Sabbath, l’ultimo terzo The Zappator, lo zappatore.

In quel nomignolo ci sta tutto, lui.

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Voci rubate ai salmi.

Valentino ha l’indole invasata del predicatore frammista a quella del rissoso ciarlatano.

Qualcuno lo segna a dito come l’unto del Signore, ma lui racconta che è andata in altra maniera.

«Il Reverendo Charlie Jackson mi apparve in sogno e mi sputò. Lo interpretai come un battesimo».

Così, quando finisce a cantare in un gruppo sceglie come nomignolo Reverend Valentine.

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Testate rubate ai muri.

Igor.

Igor che, ragazzo, ascolta il concerto degli Who a Leeds e vede la registrazione di quello all’isola di Wight e si imprime nella mente Keith Moon, la follia fatta batterista.

Igor fabbrica una rudimentale batteria e si dà uno scopo nella vita: essere folle come Keith Moon.

Così, quando finisce a suonare la batteria in un gruppo sceglie come nomignolo Igor Mortis e i concerti li termina immancabilmente prendendo a testate i piatti.

Le prime volte finisce in un bagno di sangue, poi le ferite diventano cicatrici e lui una creatura di Frankenstein.

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Sabbathor, Reverend Valentine e Igor Mortis da un bel po’ di anni sono The Barsexuals, da Lucera, Foggia, Puglia, Italia.

Il disco di debutto, «Black Brown And White», è storia di pochi mesi.

Registrato nella masseria di Sabbathor in un giorno e mezzo, mezza giornata in più perché la prima sessione è terminata in una colossale rissa tra i tre, roadie e crew.

E poi tutti a bere fraternamente al bar, perché tanto nessuno si ricorda la rissa - men che mai le ragioni da cui è scaturita - e ci sta da celebrare la fine delle registrazioni.

E poi di corsa a Salerno, agli studi della Provolone Records - si chiamano proprio così - dove aspetta Rosario dei Provincials per mixare il tutto.

E alla fine alla Disco Futurissimo che mette in distribuzione il disco.

... Per inciso, sarebbero da raccontare pure le storie della Disco Futurissimo e dei Provincials, perché dicono di un modo di fare musica bello ed appassionato ed appassionante, che poi è quello di fare la musica che piace e perché piace e quando ci piace, e non è detto che prima o dopo non lo si faccia ...

Poi, se a qualcuno interessa, «Black, Brown And White» è un disco di blues lercio e marcio, suonato con impeto e foga ai confini del punk, come il delta del Mississippi rilocato a New York nel 1975, per uno strano scherzo delle coordinate spaziali e temporali, come gli Oblivians che suonano le canzoni dei Gories che suonano le canzoni dei Cramps.

La voce del Reverendo è quella dell’orco cattivo.

La chitarra di Sabbathor è satura di fuzz.

Igor Mortis non la finisce più di prendere a testate i piatti della batteria.

«Black Brown And White» è un grande disco.

Serve sapere altro?

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