Scavando tra qualche ingranaggio ossidato della mia memoria, avrò avuto 9 o 10 anni, mentre ero inchiodato davanti le innumerevoli precipitazioni di Willy Coyote, venni disturbato da un ordine paterno relativo ad un repentino cambio di programma. Avrei dovuto registrare un cartone animato che mandavano in onda sul secondo canale. E avrei anche dovuto guardarlo. Senza possibilità di appello. La sconfitta in partenza mi permise di esalare l'ultimo sbuffo di disapprovazione. Inserii nel lentissimo Philips a due testine, la costosa videocassetta TDK da 120 e restai in attesa del plotone. Non avrei mai immaginato di essere condannato a pena migliore. Quel cartone animato era "Yellow Submarine".

Al termine di quella meravigliosa e delirante girandola di suoni e colori, spontanea fu la richiesta di apprendere qualcosa sui Beatles, questi sconosciuti. Con calma, il mio generatore, fece scivolare l'indice destro sulla sterminata raccolta di 33 giri compressi nel vecchio armadio in ciliegio tarlato. Elvis Presley, Little Richard, Platters, Rolling Stones...ed ecco emergere dalle profondità della sua gioventù due lp doppi, uno rosso e uno blu. Questi sono due monumenti! Riepilogativi ma monumentali. Fattene una ragione!

Il vecchio Lesa, grande navigatore, aveva già arato migliaia di chilometri in vinile. Mancava solo il mio collaudo con quei quattro ragazzi inglesi che sarebbero entrati nel mio stato di famiglia. La puntina consumata riprendeva a navigare, producendo quel bellissimo strattone sonoro al contatto col mare antracite del disco. Suona un'armonica, dolce, ammiccante, una strofa semplicissima, gioviale, ingenuamente ripetuta. Un intermezzo doveroso per non assillare e di nuovo la strofa inneggiante a quell'amore che ancora non avrei potuto immaginare. Dichiarazioni brevi, estremamente sottili ma di una potenza devastante, controcorrente. In un anno e mezzo quei quattro ragazzi tirati su a pillole nei bordelli di Amburgo, avrebbero squassato l'intero pianeta dall'Europa agli Stati Uniti, dove anche Sua Maestà Bob Dylan si sarebbe inchinato. Quell'amore romantico, magari mieloso, riuscì ad incantare i cuori di milioni di giovani esacerbati dalle porcherie guerrafondaie del potere a stelle e strisce.

Altro lato. Un anno dopo ancora. Si respira altro. Nulla a togliere all'amore ma esiste anche la  stanchezza dopo una giornata dura, i problemi esistenziali, le droghe, seppur trattate in maniera sapientemente leggera, la tenerezza che può sprigionare un cuore che ama e quella meraviglia che grazie a Dio non divenne solo un piatto di uova strapazzate. Non sarebbero mai state così indigeste. Quante volte ho incoronato di spine il mio cuore nel sentirla e risentirla, quando quelle frivole storie d'amore nate sui banchi di scuola finivano per sempre. Quanto mi facevo male.

E poi, quelle allusioni alla prostituzione in cambio di un anello di diamanti o di una macchina da guidare, quelle droghe meno pesanti consumate nelle stanze di legno norvegese prive di sedie. E sono passati appena quattro mesi. Non so se mi spiego. Ma come fanno a cambiare così velocemente? Ad inventare, ad emanciparsi, a sfondare più volte il muro del suono tra uomini inesistenti e donne leggiadre, ricordi di una vita mai dimenticata e povere anime morte, trafitte da un quartetto d'archi, sui plinti di una chiesa con un pugno di riso rubato. E quel magico, divertente, formidabile sottomarino giallo, tra le risate del fondatore ubriaco e i cori di richiamo di milioni di bambini. E di tifosi.

Alla prossima, quanto mai meravigliosa, folgore...  

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