Quando si parla di questo album non si può discutere molto sulle tracce, perché sono e saranno un pezzo di storia musicale, qualunque versione esca; istintivamente però si fa un paragone con il suo fratello: il magnifico album che nel 1969 i Beatles incisero e ripudiarono ma che venne pubblicato nel 1970, per ultimo, e che calò il sipario sulla fantastica carriera decennale dei fab four.

In questo “Let It Be” i tanto chiacchierati cambiamenti sono in realtà pochi, e in poche tracce; è cambiato l’arrangiamento: questo sembra registrato in un garage con la sola voce, chitarra, basso, batteria e piano; non c’è lo zampino del produttore (o assassino?) Phil Spector che appesantì la precedente versione; anche se forse quello non era un male: insomma tutti quegli archi, i fiati e quei cori celestiali resero questo album (anzi, quello) una pietra miliare del rock mondiale. Fatto sta che questo è certamente scarno ma affascinante; sembra di ascoltare delle demo: insomma sentite “The Long And Winding Road”, “Across The Universe” o “Let It Be” prima e dopo la cura, poi capirete quale abisso separa le due versioni. La scaletta è cambiata, poco male visto che (come ci insegnarono alle elementari) cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia; sono stati giustamente eliminati quegli intermezzi di poco conto quali “Dig It” e “Maggie Mae” ed è stata invece aggiunta “Don’t Let Me Down”, una ballata che si amalgama bene al contenuto della nuova versione.

In finale questo album suona poco più rock del vecchio ma in fondo non aggiunge niente di nuovo a quanto già sapevamo sui Beatles e, a parte i cambiamenti apportati alle traccie già citate, il resto è uguale; insomma sembra più un’ ennesima speculazione ai danni dei fans di una storica band, anzichè un album tenuto nascosto nel cassetto di Paul McCartney. P.S. Il voto non è riferito affatto alla qualità del prodotto che è insuperabile, ma alla reale utilità di questo cd.

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