Questo doppio album del 2010 è stato l’ultimo dei Corvi Neri per lungo tempo, seguito dall’ennesima scazzottata fra i due boss del gruppo, ovvero i fratelli Robinson cantante e chitarrista. Se ne dettero così tante da non frequentarsi più per quasi un decennio, facendo pace solo tre anni fa… Per adesso il successore di quest’opera è un semplice EP con sei cover, pubblicato l’anno scorso.

Anche “Croweology” non contiene quasi inediti, annoverando venti canzoni fra le quali diciotto sono rifacimenti acustici di brani pescati dai primi sei album di carriera, da “Shake Your Money Maker” a “Lions”. Vi è un unico inedito firmato dai due fratellini “Cold Boy Smile” e infine una cover di “She”, vecchio pezzo del pioniere country/rocchettaro Gram Parsons.

Il lavoro più “ripescato” in discografia è il secondo di carriera “The Southern Harmony and Musical Companion” con ben cinque reinterpretazioni, mezzo disco. Ben rappresentati sono pure l’esplosivo esordio già citato “Shake…”, l’ammutandato “Amorica”, il ninja stellato “Three Snakes and One Charm”. Solo una presenza invece per il tostissimo “By Your Side” e me ne dolgo… mi sarebbero piaciute un paio di versioni campagnole in più degli strabordanti, affilatissimi brani hard rock di cui quest’opera è piena. Una sola canzone ripresa anche per il sesto album “Lions”. Niente da quelli successivi, già “tranquilli” e semi acustici da per loro.

Che altro dire… i Black Crowes, dopo il primo decennio di carriera all’insegna del southern rock e del rock blues in salsa Rolling Stones e Faces, sono stati trasportati dalle voglie del frontman Chris Robinson verso lidi molto hippieschi e quasi psichedelici, stemperando parecchio la loro furia ed il loro “tiro”. A me dispiace, non per niente “By Your Side” è il loro lavoro che preferisco proprio perché pieno di ciclonico e spettinante hard rock blues.

Secondo me gli occhi neri intercorsi fra Rick e Chris Robinson vertevano proprio su questo problema di stile musicale: il chitarrista rocchettaro e il cantante… fumato. A me Rick piace quando mena (la chitarra) e costringe il fratello a urlare per emergere dall’ineguagliabile fracasso del suo strumento. Chris è un grande cantante, sia quando urla che quando no, ma i Black Crowes diventano noiosi alle prese costantemente con pezzi stralunati, poco melodici e ancor meno ritmici.

Però il disco si ascolta bene… a un certo punto sorge un certo tedio a causa del continuo sferragliare di acustica, ma sono presenti molti dei migliori pezzi di repertorio e il loro fascino melodico resta inalterato. Un disco per appassionati del gruppo insomma, e peraltro dalla confezione cartonata accattivante (aprendosi, fa spuntar fuori i soliti due corvacci), la quale comunque non rinuncia al solito difetto/provocazione della casa: il lettering è fatto a mano ed è difficoltosamente leggibile, come già capitato altre volte.

Un sette di stima, quindi tre stelle e mezza arrotondate a quattro.

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