Eguagliare un capolavoro come "2" non è affatto semplice, ma con "Six" i Black Heart Procession ci arrivano molto vicini. Dopo le parentesi tra alti e bassi di "Amore Del Tropico" e "The Spell", la band dal passo più oscuro di San Diego torna ad intitolare gli album numericamente. Bhè, già questo ci fa capire i buoni propositi intrapresi; infatti anche quest'album arriva dritto dritto al cuore e alla mente, lasciandola pensierosa, ma non sobria, perché "Six" ci ubriaca meravigliosamente con i suoi toni noir, tetri e con le sue atmosfere tenebrose ricche di ritmi rallentati.

Pall, Jenkins e soci (e per soci si intende simpatici ospiti che si dilettano quanto mai giustamente al violino e alle tastiere) con "Six" riprendono e continuano le atmosfere dei primi album, unendole però ai suoni più semplici e melodici mostrati nei due precedenti lavori. È proprio questa la base che i BHP hanno deciso di dare al disco, facendone uscire 13 brani equilibrati e collegati tra di loro, mai troppo spiazzanti e nello stesso tempo mai noiosi. Simboli di questo andamento melodico sono i due pezzi estratti "Witching Stone" e "Rats", probabilmente quelli dall'impatto più immediato e fulmineo. Si incombe anche in ballate dolenti ed anestetizzanti dal cantato sussurrato quali ad esempio l'iniziale "When You Finish Me", "Drugs" e la finale "Iri Sulu". Altre ballate, ma più ariose, sono "All My Steps", "Forget My Heart" e "Liar's Ink"; che ricordano molto il Nick Cave più pop e romantico. Forse l'unico brano che pecca maggiormente e che ci spiazza è la schizofrenica "Suicide", che ricorda molto certi dEUS.

In breve, "Six" non raggiunge l'eleganza oscura e bellissima di "2" e "3", ma con esso i Black Heart Procession riprendono finalmente a marciare cupamente verso il cuore nero; contando progressivamente; e speriamo il più possibile.

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