Aleggiano diversi fantasmi su quest'album, alcuni veri...

Nell'anno del Signore 1996 Peaceville licenzia Awaken a nome di un gruppo sino ad allora sconosciuto, The Blood Divine. Presto questo moniker verrà identificato come il gruppo di Darren J.White, il cantante degli Anathema sino a Pentecost III (il loro periodo prettamente doom, per intenderci). Fresco di split, White recluta gli ex-Cradle Of Filth Paul Ryan alla chitarra e Benjamin Ryan alle tastiere (presenti nella formazione The Principle Of Evil Made Flesh) e Was Sarginson alla batteria (anch'egli di orbita Cradle). P.J. all'altra chitarra e Steve Maloney al basso completano una line-up di tutto rispetto, che consente finalmente a Darren di esprimere al meglio la propria personalità dopo gli anni fecondi ma tormentati in gruppo con gli ostici fratelli Cavanagh. Così, se da un lato in Awaken sono evidenti e inevitabili alcuni richiami stilistici ai capolavori del suo recente passato (ecco alcuni "fantasmi"), dall'altro White da libero sfogo al suo incondizionato amore per il progressive settantiano. Tastiere, sintetizzatori, ma anche organi e hammonds hanno senz'altro un ruolo dominante rispetto alle chitarre, che pure ruggiscono rabbiosamente in alcuni episodi. Per farvi capire, soltanto "Artemis" (e siamo all'ottavo brano!!) comincia direttamente con un riff di chitarra distorta, mentre invece "These Deepest Feelings" è soltanto (si fa per dire) una breve ballata acustica. A onor del vero, l'amore per il progressive e per gli anni settanta è un sentimento largamente condiviso da ogni doomster a vario livello (ognuno conosce la svolta degli stessi Anathema in questo senso) e da altri metallari insospettabili (...vi dice niente Dan Swano?!?).

L'alone generale di quest'album è spettrale, decadente, visionario; l'atmosfera non talmente gelida da congelare i nostri sentimenti e annientarci subito, ma, ahimè, abbastanza fredda da tenerci ancora in un barlume di vita ma senza più speranza! Si ha la sensazione di essere rimasti gli unici esseri viventi nelle antiche stanze di un palazzo che ha conosciuto tempi migliori. Come unica compagnia i ricordi ingialliti, il rimpianto, e il rumore della pioggia sui vetri. I testi, altamente ispirati, sono dettati dalla morte di una persona cara, sembrerebbe la madre di Darren (altro "fantasma"). Awaken, pertanto, necessita di una predisposizione d'animo particolare per essere ascoltato. Nel primo brano, "So Serene", la lunga e inquietante intro di sinth richiama alla mente "Speak To Me" dei Pink Floyd, ma non arriva mai la serenità di un apertura di chitarra alla Gilmour bensì l'angoscia dei riff soffocati di ben altre chitarre e della voce sgraziata e nasale di Darren White. A volte le chitarre lasciate fischiare in feedback ci fanno pensare al marchio di fabbrica degli Anathema; questa caratteristica ricorre anche in altri brani dell'album. Subito dopo, in "Moonlight Adorns" un magnifico giro di basso introduce l'hammond su cui le chitarre ad un certo punto innestano una cavalcata furiosa. Questo potrebbe essere considerato il brano più rappresentativo del prog/doom dell'intero album, ma sono tutti i brani ad essere eccelsi. Come poter scegliere fra l'irrequietezza di "Wilderness", piuttosto che il gothic di "Aureole" (non fosse per l'hammond non sfigurerebbe su Shades Of God dei connazionali Paradise Lost), o il retrogusto lievemente folk di "Oceans Rise"? Come scegliere fra la pesantezza di "In Crimson Dreams" e l'epica tetra di "Hearts Of Ebony"? Impossibile. E sì, l'etera voce femminile della spettrale "These Deepest Feelings" e"Warm Summer Rain" è proprio quella della Ruth, già in "J'ai fait Une Promesse" da Serenades degli Anathema. Altro conosciuto fantasma.

Ma è bene dire a lettere chiare che, anche a dispetto del passato ingombrante dei musicisti coinvolti, Awaken risplende di luce propria. Attenzione, questa luce non dona speranza all'ascoltatore incauto...  

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