Ogni nuovo disco di Bongolian dovrebbe essere accompagnato da una specie di presentazione fatta di luci caleidoscopiche accompagnate dallo squillo delle trombe sulla base di un groove-sound in salsa latina prog-psichedelica e su di una pista da ballo dove ragazze indiane vestite di tutti i colori ballino la bharatanatyam esprimendo così la loro gentilezza e tutta la loro spiritualità, la loro gioia di vivere e il senso di comunione con la terra e lo spazio e mentre bubblegum giganteschi rimbalzino su e giù attorno a noi che stiamo in mezzo e al centro di questo microcosmo apparente universo con l'incenso che brucia tutto attorno gli aromi dei templi di Gerusalemme.
E invece... E invece questo nuovo disco (il quinto) del multistrumentista e front-man dei Big Boss Man, Nasser Bouzida (aka The Bongolian), almeno per quello che riguarda l'Italia, è uscito praticamente in punta di piedi e più o meno ignorato da tutte le parti, al punto che voglio considerare questa piccola e modesta recensione come una specie di missione per diffondere la musica di questo ultimo lavoro del progetto solista del geniale Nasser.
Un progetto che Nasser ha cominciato nel 2001 (con la pubblicazione del primo LP eponimo) e con il quale ha finora pubblicato quattro album in studio (l'ultimo nel 2011, 'Bongos For Beatniks', uno dei dischi del decennio per quanto mi riguarda) e con il quale, mettendo assieme una band di ottimo livello, ha nel tempo fatto tour negli Stati Uniti, UK e in tutta Europa. Senza smettere nel frattempo di lavorare con i Big Boss Man o tralasciare collaborazioni varie, tra cui anche quella come Bongolian con Fay Hallam per l'album, 'Lost In Sound'.
E ora eccolo qui, 'Moog Maximus' (Blow Up Records), quello che è in un certo senso il continuo ideale di 'Bongo For Beatniks' e della intera discografia di Bongolian, se vogliamo considerare questa come un continuo viaggio nel tempo musicale inspirato da quel viaggiatore nel tempo che fu H.G. Wells e che in occasione di questo quinto disco, vede Nasser atterrare nell'antica Roma (date pure un occhio alla copertina dell'album) armato di sintetizzatori Moog su di un piano di potenti groove e una selvaggia elettrica fusione del suono funky soul del piano Hammond, di sonorità beat, jazz e sci-fi boogaloo.
Senza dubbio uno dei migliori dischi di quest'anno, 'Moog Maximus' apre da subito alla grande con il già richiamato squillare di trombe ('Octavius') che suonano sopra una base acid jazz che muta in un ritmato dub con l'utilizzo massivo di sintetizzatori Moog che ci invitano a entrare in questo Colosseo fantascientifico e adattato per l'occasione a ospitare una magnificente e allucinate dance-floor. 'Googa Mama' è il pezzo più radiofonico del disco, potrebbe rimandare a alcuni episodi della produzione discografica di Fatboy Slim, fosse uscito venti anni fa, un brano come questo sarebbe stato una fottuta hit e avrebbe scalato le classifiche. 'Vacation In Westworld' paga inaspettatamente omaggio a Ennio Morricone mescolando un tema in perfetto stile spaghetti western con elementi di musica dub e uno sci-fi funk nello stile di George Clinton con il solito imperioso utilizzo del Moog prima di un interludio con organetto Hammond che creano una atmosfera che non si può definire altro che magica.
A questo punto avrete capito che il disco ha un sacco di contenuti. 'Jan Hammer of the Gods' è una specie di tempesta elettronica che scende giù dal cielo alla velocità della luce, una traccia che suona allo stesso tempo allucinate e lisergica; 'Moog Maximus' riprende il tema 'colonne sonore elettrificate' di 'Vacation In Westworld', configurandosi come un vero e proprio melodramma suonato al piano elettrico e con il synth: immaginate per un attimo il remake di una scena drammatica de 'Il gladiatore' di Ridley Scott, ambientatela nel mondo di 'Blade Runner' e il gioco è fatto. 'B-Boy Toga Party' è una esplosione di funky music, 'Boudica Rides Again' fa di nuovo riferimento a alcuni temi in stile morriconiano con il Moog che rimpalla su e giù prima del gran finale in un trionfo di bongo spaziali. 'Londinium Calling' ha quello 'squelchy sound' dei synth tipico in alcuni episodi degli anni settanta (penso di nuovo ai Funkadelic) che poi vertono in sonorità tipiche degli anni ottanta (John Foxx e i Nation 12) che sembrano uscire fuori direttamente dal mondo dei videogame. 'Mr Woo', cantata da una voce femminile, è un buon brano di musica pop con delle atmosfere in uno stile hawaiiano e con un panorama fittizio fatto di mare, sole, cielo azzurro, palme, sedie a sdraio e noci di cocco. Occhiali da sole. 'Ritmo do Rio' è una festa vibrofonica brasiliana con il suono dei bongo accompagnato dal groove del basso e dell'organo Hammond. 'Kid Love Moog?' Mmm... Facciamo così. Ce li avete presenti i Teletubbies? Ecco. Avete capito allora di che cosa sto parlando. 'Aries and Scorpio', l'ultima traccia del disco, ci proietta direttamente in una atmosfera disco-music degli anni settanta con alcune sonorità arabeggianti e una esplosione di sintetizzatori che ci annuncia che il nostro viaggio per ora è giunto alla fine, mentre non riusciamo a smettere di sentire i bongo che continuano a risuonare nella nostra testa.
È un disco di musica elettronica? È un disco di acid-jazz, beat, boogaloo, salsa? Dub music, impressionismo sci-fi, funky? Psichedelia lisergica? Tutte queste cose assieme. Non lo so. Non sono bravo con le definizioni e comunque è impossibile definire solo con le parole quella che è una vera e propria esperienza sensoriale a tutti i livelli. Dinamica e vibrante, copernicana. Ecco, 'copernicana' forse come definizione potrebbe andare bene. Ad ogni modo, questo viaggio spaziale e musicale nel tempo, sebbene si prenda delle pause ogni tanto, appare essere destinato a riprendere presto e durare a lungo. Del resto allo stato attuale, se ci guardiamo attorno e alla nostra società attuale, allo stato dell'Europa e in particolare a quello del Regno Unito, questa sembra l'unica via sicura per viaggiare liberi al di là di ogni possibile confine. Brexit? No grazie. Non questa volta.
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