Ebbene sì, questo dischetto uscito in sordina nel 1979 rappresenta l’esordio su LP di Nick Cave, uno dei più famosi musicisti australiani di sempre, ma non aspettatevi niente che si avvicini a quanto fatto con i Birthday Party oppure più tardi come solista.
Sembra che a dispetto del nome ironicamente rassicurante i cinque di Melbourne fossero piuttosto birichini: droga, alcool, risse con il pubblico ai concerti e problemi vari con la giustizia. La vita sregolata che conducevano si rifletteva nella musica proposta nei live, un post-punk sgraziato e violento, ma come spesso accade, quando fu ora di incidere (vuoi per il produttore affibbiatogli o per l’inesperienza) ne uscì fuori un disco praticamente pop. Molte, nel bene e nel male, sono le analogie di "Door, Door" con il coevo esordio dei Cure "Three Imaginary Boys", entrambi vivaci eppure poco incisivi, spontanei ma anche ingenui, entrambi con un sound ancora poco personale e con una voce promettente ma ancora acerba.
Come il gruppo inglese anche i Boys Next Door sapranno fare ben di meglio l’anno successivo, quello che però ci lasciano in questa prova è un pop-punk energico e orecchiabile ma che appare un po’ troppo "normale" per destare vero interesse nonostante si tenti di arricchire il suono anche con sax e sinth. Scorrono così senza lasciare particolari tracce nella memoria le incalzanti e melodiche "The Nightwatchman", "Roman Roman", "Brave Exhibitions", "The Voice" e la più romantica e lenta "Friends Of My World", mentre "Somebody's Watching" riesce a distinguersi dalle altre grazie ad una performance vocale particolarmente espressiva e riuscita e a buoni inserti chitarristici (anche se ci si poteva risparmiare i coretti sixties di sottofondo).
Nella seconda parte assistiamo fortunatamente a episodi un po’ più "sopra le righe" quali "After A Fashion" che presenta un buon intreccio tra basso pulsante e brevi riff in chiave ritmica, "Dive Position" costruita su un loop di piano ubriaco e con un Cave che finalmente usa la voce in maniera meno convenzionale, e "I Mistake Myself" forte di una chitarra "classicamente" wave. In chiusura però la ballata "Shivers" risulta purtroppo un tantino melensa.
Alla fine una sufficienza risicata per un disco che si ascolta volentieri ma che non è certo imprescindibile. Dopo qualche mese comunque la band cambierà nome in Birthday Party, e da lì sarà tutta un’ altra storia.
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